“La consultazione sulle trivelle può diventare la prima trappola lungo un percorso complesso che conduce al voto di ottobre sulla riforma costituzionale”. Lo sottolinea Paolo Franchi, editorialista del Corriere della Sera. Dopo il voto in ultima lettura della riforma del Senato, il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, ha commentato: “Il no al referendum sulle riforme è inspiegabile con argomenti di merito. Si spiega solo con l’odio personale verso di me”. Intanto però anche sul referendum del 17 aprile sulle trivelle si stanno coagulando tutte le forze anti-Renzi dell’intero arco parlamentare, inclusa l’opposizione interna al Pd rappresentata dal governatore della Puglia, Michele Emiliano.
Come vede Renzi tra i due referendum, quello sulle trivelle e quello sulla riforma costituzionale?
Ovviamente sono due scadenze totalmente diverse, anche perché quella del 17 aprile dipenderà dal quorum mentre quella di ottobre non lo prevede. Sul referendum costituzionale Renzi ha puntato da tempo tutte le sue carte, fino a caricarlo del significato di un plebiscito. Il referendum sulle trivelle fino a pochi giorni fa viveva nella semi-indifferenza generale. Nessuno quindi avrebbe scommesso sul raggiungimento del quorum, che resta tuttora assai problematico.
Lei come legge l’invito all’astensione da parte di Renzi?
La posizione di Renzi che si è espresso a favore dell’astensione ricorda molto da vicino l’“andate al mare” di Craxi del 1991 in occasione del referendum sulla preferenza unica che segnò poi l’inizio della sua fine politica. All’inizio l’invito di Renzi all’astensione sembrava la scelta più facile, perché era largamente in sintonia con l’opinione pubblica che sembrava assai poco interessata al problema.
Quindi che cosa è successo?
Tutto si è complicato negli ultimi 15 giorni con l’esplosione dell’inchiesta di Potenza sul petrolio e con il caso Guidi. Il referendum sulle trivelle potrebbe diventare la prima trappola su un percorso complesso per arrivare al voto di ottobre sulla riforma costituzionale. Anche perché vorrei ricordare che subito dopo il refeendum sulle trivelle ci sono le amministrative.
Come si mettono le cose per Renzi in vista del voto nelle grandi città?
Nelle principali città, con l’eccezione di Torino, per Renzi e il Pd le cose si stanno mettendo male. Sono messe male a Roma, malissimo a Napoli, e la stessa partita di Milano è tutta aperta, specialmente dopo il ritiro di Corrado Passera. Se tutto andasse nel peggiore dei modi, per Renzi sarebbe un po’ complicato scaricare le responsabilità sulle strutture locali del Pd. Di certo non si potrebbero dare tutte le colpe a un partito “cattivo” che non segue il suo segretario.
Intanto Renzi è andato all’attacco sulla giustizia dicendo che dovrebbe funzionare meglio. Intende farne la sua prossima riforma.
E’ difficile dire che cosa voglia fare Renzi, se e quali cambiamenti ulteriori abbia in mente sulla questione giustizia. Nell’inchiesta di Potenza si è però riproposto un tema che sembrava tenuto abbastanza sottotraccia: quello del possibile riaprirsi di una contesa tra magistratura e politica. La stessa scelta dell’Anm di eleggere Piercamillo Davigo come presidente documenta che si sta concretizzando una nuova fase di scontro.
Renzi si trova più forte o più debole dopo la morte di Casaleggio?
La morte di Casaleggio apre interrogativi molto importanti su quale strada prenderà M5s. In genere il venir meno di un leader nel pieno della lotta politica, sotto il profilo emozionale e dei sentimenti si tramuta in un voto che viene caricato di significati particolari. Valga per tutti l’esempio della morte di Berlinguer nel 1984: alle europee successive per la prima e unica volta il Pci si posizionò come il primo partito d’Italia.
Per M5s potrebbe ripetersi lo stesso scenario?
Stiamo parlando ovviamente di personalità e di storie politiche molto diverse. Nella realtà non sappiamo bene quali siano le logiche dentro ai 5 Stelle che non sono un partito tradizionale. Fatto sta che Casaleggio era il teorico di una concezione fortemente innovativa rispetto alla politica tradizionale. Avendo le chiavi di questa idea, anche sotto il profilo organizzativo, Casaleggio era colui che deteneva anche materialmente il potere. Il suo ruolo era quindi molto particolare.
(Pietro Vernizzi)