La pubblicazione delle minute dell’ultimo consiglio generale della Bce – una primizia assoluta – ha attirato su di sé i riflettori dei media e degli analisti. Era prevedibile che – almeno in questo passaggio – Francoforte rubasse la scena al “verbale informale” dell’ultima sessione del Fomc: la cui diffusione è assai più consolidata. Per di più a gennaio all’Eurotower è andata in scena l’attesa resa fra il presidente Mario Draghi e il capo della Bundesbank, Jens Weidmann.
“Parte il Qe dell’euro”, hanno titolato pressoché all’unisono i media internazionali già nel pomeriggio del 22 gennaio. Dal canovaccio di quelle ore concitate si ha invece conferma della laboriosità del compromesso – soprattutto sul risk-sharing dell’acquisto scaglionato di titoli di Stato deciso fino al settembre 2016. L’euro-Qe, soprattutto, è emerso a fatica come “ultimo strumento di politica monetaria a disposizione per stimolare la ripresa” e attraverso una sottile ponderazione fra “i rischi di agire e quelli di n0on agire” da parte di Francoforte.
A confronto, le minute dell’ultimo Fomc possono essere parse più routinarie e di transizione: ma più procede il “conto alla rovescia” fino al 30 giugno – data fissata da Janet Yellen e dai suoi colleghi per essere “paziente” nel toccare i tassi del dollaro – meno sui mercati si ritiene probabile una lunga inazione (anche fino al 2016, si sono spinti a pronosticare alcuni uffici studi).
Anche chi qui scrive si va convincendo che il rialzo potrebbe avvenire addirittura a giugno o (più verosimilmente) essere rinviato di un mese, poco dopo il giro di boa semestrale. Una terza e ultima finestra opzionale è settembre. Nella sua “pazienza” (ma a termine fissato) la Fed ha chiaramente avvertito di voler osservare “tutti e subito” i numeri rilevanti. E la piena occupazione – indicata dalla Yellen al suo insediamento come bussola della politica monetaria Usa – è praticamente raggiunta.
L’inflazione salariale – vera molla dell’indice dei prezzi – è quindi virtualmente “carica”: e non è facile stimare quanto e quanto a lungo il suo progresso potrà essere compensato dalla debolezza delle materie prime energetiche. L’inflazione – al di là delle diverse “percezioni” – tenderà a muoversi verso l’ obiettivo. Il segnale di mercato coerente a questa lettura potrà giungere dalla sezione lunga della curva dei tassi del dollaro: anche prima rispetto ai comunicati e decisioni della Fed.