Si scalda la guerra del Credito cooperativo, si colora di politica e lambisce le manovre pre-elettorali. È iniziata la campagna delle assemblee delle oltre 300 Bcc italiane: appuntamenti non di ordinaria amministrazione perché la moral suasion della Banca d’Italia impone agli istituti di scegliere ora fra i due progetti di gruppo nazionale messi in cantiere a valle della riforma del settore. Un bivio controverso, disegnato da uno dei molti passi discussi del governo Renzi in campo bancario. Da un lato c’è il piano promosso da Federcasse e Iccrea, finora centrali nazionali uniche della categoria; dall’altro l’ipotesi “scissionista” delle Bcc trentine con la loro Cassa Centrale Banca. E non è un mistero che quest’ultima sia nata consonante alla strategia di rottamazione e disarticolazione dei corpi intermedi coltivata da Renzi, che non a caso ha modellato in qeista direzione la versione finale della riforma: affidata al fido Luca Lotti, a sua volta referente di un “giglio magico” di Bcc toscane.
Non ha sorpreso, quindi, che le prime turbolenze si siano registrate proprio a pochi chilometri da Firenze: in Val di Pesa, dove ha sede la Bcc del Chianti. Una banca già nota alle cronache nazionali per due ragioni: anzitutto aver incorporato il Credito cooperativo fiorentino, andato in bancarotta e costato una pesante condanna in primo grado al senatore Denis Verdini. In secondo luogo, la banca di San Casciano è oggi presieduta da Lorenzo Bini Smaghi: già membro italiano dell’esecutivo Bce, oggi fra l’altro presidente del prestigioso consiglio di sorveglianza del colosso francese Société Générale. Mentre di “Lbs” si è ricominciato a parlare come possibile candidato renziano al vertice della Banca d’Italia o al ministero dell’Economia dopo il prossimo voto politico, il banchiere stava realizzando l’intento di risanare la Bcc (90 milioni di perdita nel bilancio 2016) e di agganciarla al progetto trentino.
Ma proprio nel weekend da Bini Smaghi è giunto un inedito “grido di dolore”: fra pochi giorni in assemblea dovrà fronteggiare un’agguerrita opposizione interna al corpo sociale, contraria alla sua presidenza e più favorevole al progetto Iccrea. “Non mi spiego perché, per la prima volta nella storia di Chiantibanca, sia stata presentataun’altra lista, perché si sia voluta questa contrapposizione che crea incertezza nei clienti e nei dipendenti. Non capisco, non ho una risposta”. Una risposta arriverà probabilmente solo in assemblea, anche se non è difficile intravvedere già tentativi di risposta all’oggettiva entrata a gamba tesa del Pd renziano su uno scacchiere nazionale forse troppo vasto e articolato per cedere senza resistenza a un colpo di mano del giglio magico fiorentino.
Nella faglia aperta dalla riforma renziana nel Credito cooperativo è scivolato nei giorni scorsi anche un leader politico dell’opposizione: Luca Zaia, ex ministro delle politiche agricole e atttuale governatore leghista della Regione Veneto, il cui nome viene sussurrato anche come possibile candidato premier di un centrodestra federato. Bene, si è rivelata molto arroventata anche l’assemblea della Bcc della Marca, nel Trevigiano, feudo di Zaia. I soci hanno optato per il progetto Iccrea, ma al prezzo di una netta spaccatura, Non da ultimo, hanno contraddetto l’orientamento filotrentino del governatore: che sul terreno politico-bancario ha fatto evidentemente prevalere il richiamo “autonomistico” insito nel progetto trentino (in Veneto è’ in programma in autunno un referendum consultivo sul passaggio allo statuto speciale). Senza contare che dopo i disastri di Popolare di Vicenza e Veneto Banca, un leader come Zaia può’ prosaicamente essere interessato a “ri-avere una banca”: un polo “nordista” di potenziale rilievo nazionale come si propone Cassa centrale trentina