Detto, fatto. Come anticipato ieri, nonostante la chiusura delle banche cipriote e il de facto controllo sui capitali, la scorsa settimana una cospicua fetta di quei cittadini russi che il bail-in voleva colpire con il prelievo forzoso è riuscita a bypassare tutte le misure restrittive e far sparire dai conti ciprioti qualche miliardo di euro. Tanto che ora gli occhi sono puntati sia sul governo cipriota che sulla Banca centrale e alcuni legislatori hanno ottenuto l’apertura di un’inchiesta formale per capire come questo sia stato possibile (non leggono ilsussidiario.net a Cipro), come riferiva ieri lo Spiegel. Il fatto, poi, che la maggior parte – quasi la totalità – del capitale volato via sia riferibile a conti presso la Bank of Cyprus e la Laiki Bank, entrambe con filiali londinesi, non dovrebbe rendere l’inchiesta molto lunga.
A peggiorare la situazione per la Banca centrale, le esenzioni al congelamento dei capitali di cui parlavamo già ieri: ovvero, trasferimenti a fini umanitari, un invito all’abuso visto che una Onlus di copertura non è certo dura da trovare per un oligarca con conti a sei o sette zeri e i cosiddetti “pagamenti speciali”, fattispecie talmente fumosa da non avere una definizione chiara e netti confini di utilizzo. E per salvarsi in corner, proprio un portavoce della Banca centrale cipriota ha fatto notare allo Spiegel che la gran parte dei prelievi e dei trasferimenti è avvenuta al di fuori dei confini ciprioti, filiali londinesi e di Mosca, ovvero dove l’istituto non ha autorità, al di fuori dell’Ue (la Russia) e fuori dal diretto controllo della Bce (la Gran Bretagna, fuori dall’eurozona). Insomma, la liquidità di quelle filiali fa capo alle Banca centrali dei due paesi e nessun può dire “bah”.
Insomma, l’Ue voleva colpire gli oligarchi e i businessmen e, invece, com’era presumibile, ha colpito solo i piccoli risparmiatori che per una settimana hanno pagato lo scotto a bancomat limitati e banche chiuse, alle aziende che non hanno potuto pagare i fornitori e ai lavoratori che si vedranno accreditato lo stipendio in ritardo. Davvero dei geniacci, non c’è che dire! Una cosa è certa, il fatto che sia già stata richiesta un’inchiesta parlamentare fa capire quale sia il grado di fiducia tra ambienti legislativi, corpi intermedi dello Stato e governo, prodromo di una crisi politica che pare ormai questione di giorni, se non di ore.
In buona sostanza, di risolto nella situazione cipriota non c’è proprio nulla, visto che se la Bce non apre i cordoni dei prestiti Ela con la Banca centrale cipriota, al netto dei soldi già fatti sparire dai correntisti più facoltosi, l’insolvenza bancaria è dietro l’angolo, con o senza il “salvataggio” dell’Ue. Purtroppo, le brutte notizie ieri non si sono limitate a Cipro. Anzi. Con Moody’s che si fa di giorno in giorno più aggressiva, arrivando ieri a dire chiaramente che sta monitorando le consultazioni e il tentativo di Bersani di formare un governo per decidere o meno sul downgrade del nostro rating, va registrato il primo, grosso scossone per le nostre aste.
Ieri mattina il Tesoro ha collocato 6,91 miliardi complessivi di Btp, su un range d’offerta compreso tra 5 e 7 miliardi, a tassi in leggero rialzo per il nuovo benchmark quinquennale e in calo per il decennale. Nel dettaglio, il nuovo cinque anni giugno 2018, cedola 3,50% (invariata rispetto alla precedente), è stato assegnato per 3,91 miliardi di euro su un range di 3-4 miliardi e il rendimento del titolo è salito al 3,65%, massimo da ottobre 2012, dal 3,59% del precedente collocamento di fine febbraio. In rallentamento la domanda, con il bid-to-cover che è calato a 1,22 dal precedente 1,61. Risultati più incoraggianti per il decennale. Il Tesoro ha infatti collocato tutti i 3 miliardi di euro preventivati, registrando un calo dei tassi: il rendimento medio del Btp maggio 2023 è sceso al 4,66%, minimo da gennaio, dal 4,83% di un mese fa. Più debole anche in questo caso la domanda, pari a 1,33 volte l’importo offerto rispetto a 1,65 volte della precedente asta.
Insomma, siamo vicini a un’inversione della curva dei tassi, qualcosa di molto, molto pericoloso, perché se si compra a 10 anni ma si chiedono garanzie sul quinquennale c’è puzza di ristrutturazione del debito o di timori per un intervento in grande stile della troika sul breve. Lo conferma Vincenzo Longo, market strategist di Ig: «È stata un’asta particolarmente deludente. La domanda non è stata eccezionale per entrambi i titoli in collocamento e la curva dei tassi sta lanciando pericolosi segnali di appiattimento, fenomeno che preannuncia un certo ritorno delle tensioni, dato che queste tendono a ripercuotersi soprattutto sulla parte più breve della curva». Le parole di Pier Luigi Bersani, poi, il quale ha dichiarato che «solo una persona malata» vorrebbe governare in Italia in questo momento, hanno alimentato le vendite di titoli di Stato, con i cds sui massimi da metà novembre: Markit ha reso noto che quelli a 5 anni sono in rialzo di 13 punti a quota 300 punti base. «Anche se le consultazioni di Bersani con gli altri leader politici porteranno a una grande coalizione, i mercati sanno che un esecutivo di questo genere non durerà a lungo», ha commentato Annalisa Piazza, market economist di Newedge. «Le incertezze politiche e i timori del mercato per un prolungato periodo di recessione nell’area euro e le preoccupazioni per un break-up dell’area euro spiegano la debolezza dell’asta italiana», ha concluso, prevedendo che i rischi per i titoli di Stato italiani saranno molto alti anche nelle prossime settimane. Ma intanto, Bersani si fa prendere in giro via streaming dai grillini e incontra il Cai, l’Aci e il circolo ricreativo taglio&cucito di Codazzo…
Da ridere, però, c’è veramente poco, cari lettori. Perché non è Cipro, non è l’Italia, è l’intera eurozona a rimandare segnali sinistri. Lo certifica la Banca centrale spagnola, la quale nell’ultimo aggiornamento sulle stime economiche annuali ha certificato che il Pil si contrarrà nel 2013 dell’1,5%, tre volte peggio le previsioni ufficiali del governo del -0,5% e peggio anche del dato del 2012, annus horribilis, quando l’economia si contrasse dell’1,4%. Di più, nonostante il caso Cipro abbia funzionato per alcuni giorni da copertura delle magagne altrui, oggi tocca fare i conti con un dato ufficiale che parla del deficit al 6% del Pil, ben oltre l’obiettivo già rivisto al ribasso dall’Ue del 4,5%. Inoltre, il tasso di disoccupazione in Spagna salirà quest’anno al 27,1% dall’attuale 26%, mentre quello giovanile è oltre i livelli greci, con un under 25 su due senza lavoro. E la Francia? Eccovi serviti.
Quello che vedete è il grafico che illustra il report Flash Pmi transalpino, che ogni metà mese offre un quadro della situazione economica combinando settore dei servizi e manifatturiero: l’output è al minimo da quattro anni. Per Frank Hansen di Danske Bank, «la Francia ormai comincia a sembrare un Paese periferico e non dell’area core dell’Ue e dell’euro». E che il caso Cipro abbia creato un precedente che si riverbererà su tutta l’area Sud dell’eurozona, lo conferma il report del gruppo di advisory inglese deVere, il quale ha constatato come «un numero sempre crescente di cittadini britannici espatriati in Spagna, Italia, Portogallo e Grecia è ora ragionevolmente preoccupato per i propri depositi in quei paesi. In tal senso, registriamo un deciso aumento nel numero di cittadini del Regno Unito che chiede consigli a consulenti finanziari su come muovere i propri capitali fuori dalle economie più in difficoltà dell’eurozona e verso giurisdizioni ritenute o percepite come più sicure». Insomma, «che le istituzioni di quei Paesi vogliano ammetterlo o no, il rischio di una fuga di capitali in grande stile è nei fatti, un qualcosa che se si sostanzierà, porterà con sé la conseguenza di una più vasta attuazione del piano di controllo dei capitali all’interno dell’Ue».