Renzi ha fretta. La placidità di Letta, quella calma furbetta di chi la sa lunga e sa soprattutto che, in fondo, comunque vada, lui resta premier, lo irrita. Perché più il governo resiste, più le sue ambizioni di candidarsi a premier sfumano. E l’irritazione non porta di certo consiglio, ma disorienta e, talvolta, fa compiere dei grossolani errori. Come quello di accusare Letta di tenere solo alla poltrona: “Io capisco che Letta si preoccupi della seggiola, ci mancherebbe”. Ma “questa cosa del governo che deve durare è un tic andreottiano”. E infine: “Una cosa è dire che serve la stabilità, altra cosa è l’immobilismo”. Peppino Caldarola, giornalista e scrittore esperto della sinistra, ci dice la sua in proposito.
Come giudica l’atteggiamento di Renzi?
La frase pronunciata su Letta attaccato alla poltrona appartiene al regno dell’inutile. Dietro questa sgarberia c’è il timore che, se si supera lo scoglio della vicenda berlusconiana, le larghe intese possano diventare una linea politica e un governo di lunga durata.
Renzi cosa vuole?
Un governo di breve durata, che faccia la legge elettorale e approvi la finanziaria. Poi, che si voti.
E Letta?
Lui non pone limiti temporali al suo governo e, indubitabilmente, pensa di avviarsi al semestre europeo guidato dall’Italia.
Eppure, Letta viene collocato tra quelli che saliranno sul carro di Renzi…
E’ un paradosso che nasce dalla non chiarissima posizione di Letta. Se D’Alema afferma che il premier salterà sul carro di Renzi è perché il sindaco di Firenze, eventualmente, potrebbe garantire per ancora alcuni mesi la durata del governo. Non solo. L’ambizione di Letta è quella di diventare commissario europeo. Potrebbe essere nominato tale proprio da un esecutivo guidato da Renzi. Tutto ciò dovrebbe indurre ad quieto vivere tra i due. Invece, la competizione è nei fatti.
Ci spieghi.
I sondaggi danno Letta in buona posizione, talvolta sopra Renzi; chi fa il premier, inoltre, difficilmente immagina che la sua avventura sia destinata a finire. Ci sono, infine, una serie di forze trasversali – cancellerie europee, settori industriali, intellettuali – convinte che l’Italia, in questo momento, abbia bisogno di un governo durevole per incrociare la fine della recessione. Tale stato di cose conferisce a Letta non poche armi. Renzi, invece, pensa che Berlusconi sia azzoppato e che la vittoria sia alle porte.
Crede che, alla fine, Letta potrebbe decidere di candidarsi al congresso?
Lo escludo. A questo punto, resterà affezionato al suo profilo di premier. Anche se dovesse perdere l’incarico. Si è guadagnato, del resto, l’immagine del politico tecnico. Non si può mettere, a questo punto, a fare il gestore di un partito. Soprattutto di un Pd piuttosto radicalizzato.
Per inciso, il congresso ci sarà per davvero?
Il Pd, se non vuole sfidare il ridicolo, deve farlo.
Hanno qualche chance tutti i candidati che non sono Renzi?
No, al massimo possono erodere il consenso di Renzi. Si sussurra, inoltre, di ritiri, come quello di Civati e di Pittella, e di new entry, come quella di Filippo Andreatta. Uno scenario che favorisce indubbiamente il sindaco di Firenze.
Rispetto alla decadenza di Berlusconi, qual è la strategia del Pd?
Innanzitutto il Pd non ha alcuna strategia rispetto al governo. L’unica cosa certa, è che questo esecutivo non piace a gran parte della base. Il partito, quindi, pensa di dover portare a casa la pelle di Berlusconi come un trofeo che potrebbe essergli strappato da Beppe Grillo. Dietro questo atteggiamento, tuttavia, c’è la grave sottovalutazione di un dato.
Quale?
Berlusconi fuori dal Parlamento può continuare a fare politica. Il mondo di centrodestra, inoltre, si sente vittima di un’ingiustizia e non avverte nelle parole dell’avversario l’onore delle armi e il rispetto della sua storia. Prevale l’atteggiamento di Travaglio, il quale nel sostenere che Berlusconi è un delinquente, afferma che lo sono anche tutti quelli che lo votano. Questo clima produrrà nel centrodestra un fenomeno di riaggregazione. Trattandosi di un mondo elettorale che, in passato, è arrivato al 36%, il Pd non capisce che questa battaglia prelude ad una guerra.
Decaduto Berlusconi, cosa succede?
La sopravvivenza del governo è un’incognita legata alle sue reazioni. Sappiamo che lui minaccia di farlo cadere. Tuttavia, in molti gli stanno suggerendo di dimettersi e di non farlo. Potrebbe prodursi una maggioranza alternativa che si vendicherebbe sulle sue aziende. Comunque vada, il Pd dovrà decidere se continuare a governare con il Pdl, o se mettersi al centro di una serie di scissioni – attirando transfughi del Pdl e dell’M5S – inimicandosi, però, tutte le forze politiche e moltiplicando le opposizioni. E, in un momento in cui la stabilità è il primo valore, la situazione si potrebbe veramente complicare. Di certo, potrebbe esserci un rimpasto. Specie se i ministri del Pdl lasceranno il governo. Non mi immagino, in ogni caso, episodi tra i più limpidi della storia politica italiana.
(Paolo Nessi)