Matteo Renzi non smette di punzecchiare l’altro leder emergente in Italia e nel Pd, Enrico Letta. Nel Porta a Porta “one man show”, andato in onda mercoledì sera, il sindaco di Firenze e candidato, ormai, numero uno alla segreteria del Pd, sembrava più concentrato a sfoderare battute che programmi e visioni politiche sul futuro italiano. Diceva Renzi pensando a Letta: “Il problema è se sia più Andreatta o Andreotti. Andreatta è il maestro di Enrico, Andreotti è il maestro del tirare a campare”. Queste frasi, in una simile situazione politica, economica e sociale, possono accendere la platea, ma non portano da nessuna parte, anzi avvelenano un clima già abbastanza deteriorato. E soprattutto chiudono le prospettive di un reale ricambio della classe dirigente italiana. Roberto Mazzotta, spirito libero e indipendente, grande professionista di un mondo bancario che non esiste più, sembra quasi che allarghi le braccia sconsolato di fronte a queste beghe da cortile, più o meno democratico.
Mazzotta, si può veramente dire che questo governo retto da una “strana maggioranza”, faccia una politica di piccolo cabotaggio come fa intendere Renzi paragonando Letta ad Andreotti, anziché al suo maestro Andreatta ?
Cerchiamo di intenderci. Nessuno vive sulla luna. Questo è un governo che si basa su una maggioranza contraddittoria e quindi deve affrontare enormi problemi non solo all’esterno ma anche al suo interno. Ma questa è una condizione oggettiva, dovuta alla situazione politica italiana. Quindi, quando si parla di incertezza di questo governo è come dire che si vede, infreddolito e con il cappotto, un signore che cammina per la strada il 2 di gennaio.
Probabilmente servirebbe una maggioranza forte e coesa.
Appunto. E’ quello che in genere dicono questi signori da tempo immemorabile, ormai, o almeno da un ventennio. E allora perché non agiscono di conseguenza e la creano una maggioranza coesa che governi veramente cercando di mettersi insieme e di collaborare tutti? Perché, al posto di punzecchiarsi a vicenda, non riescono a realizzare un autentico e buon disegno politico che sappia affrontare i grandi problemi del Paese? Alla fine, mi sembra che si perda tempo con delle autentiche balle che non servono a nulla e a nessuno.
Qualcuno fa il paragone tra questo governo di larghe intese e il governo di larghe intese della prima Repubblica. E’ una similitudine che regge?
Non c’entra nulla. Il governo delle larghe intese della prima Repubblica, cioè il governo di unità nazionale, era un accordo tra grandi partiti politici, forti, tra gruppi dirigenti con storia e cultura alle spalle. Era un’alleanza contro un attacco allo Stato. L’accordo di questo governo, le larghe intese attuali, sono la risposta possibile al vuoto politico che queste stesse forze politiche hanno creato. La situazione è molto differente, non paragonabile. Ripeto: non c’entra nulla.
Spostiamo il discorso sulla situazione economica e sulla cosiddetta “ripresina”. Esistono segnali di ripresa al momento?
Una “ripresina”, per definizione, non è una ripresa. Noi conviviamo con un debito e un fabbisogno importante. Quindi, dobbiamo confidare nel credito, dobbiamo fare debiti e chiedere soldi e nello stesso tempo mettere a punto un programma e un progetto economico e politico. Ora, per ottenere denaro bisogna essere credibili. Mi chiedo quale credibilità possiamo avere, quale credibilità può avere l’Italia, se ogni tre mesi cade un governo, se continuiamo a essere esposti a una perenne instabilità politica. Chi in questa situazione ti farebbe credito?
A fronte di tutto ciò, che scenario prevede?
La questione dello scenario futuro è piuttosto problematica. Bisogna ragionarci freddamente. Partiamo da Berlusconi. E’ chiaro che la sua parabola è alla fine, alla conclusione. E forse da molto più tempo di quanto si pensi, rispetto agli avvenimenti di questi giorni. Guardando a tutta la vicenda di Berlusconi mi sembra di assistere a un’agonia, a un’agonia prolungata, che ha tratti di tristezza e di tragicità. Il fatto è che, dopo questo ventennio, dopo questi orrendi vent’anni, non si riesce a vedere uno straccio di energia positiva, una alternativa credibile. La mia impressione è che il berlusconismo sia finito, ma allo stesso tempo che sia terminato anche l’antiberlusconismo.
Come mai non c’è nessuna energia positiva all’orizzonte?
Il fatto è che l’ultimo frutto di questa stagione ventennale avvelenata è il leaderismo. Il leaderismo si vede anche in Renzi e Letta. Ed è un aspetto dannoso. I vecchi partiti della prima Repubblica non avevano questo difetto; erano un gruppo dirigente, una squadra. Se si ripensa agli scontri e alle frecciate che si tiravano Moro e Fanfani, che erano due leader, si poteva anche vedere la comune appartenenza a un gruppo dirigente, a una storia comune, a una squadra che affrontava i problemi. Ecco tutto questo non c’è più, ed è l’aspetto forse più negativo.
In questo periodico scontro tra Renzi e Letta ritiene che manchi lo spirito di squadra?
Certo. Anche se il problema è generalizzato. Letta e Renzi sembrano oggi i più bravi. E allora, perché non si mettono a lavorare insieme, perché non si mettono a collaborare per risolvere i problemi del Paese? Perché non formano tutti insieme un’autentica squadra che affronti i gravi problemi dell’Italia?
(Gianluigi Da Rold)