Sergio Marchionne torna a parlare, questa volta dal salone dell’auto di Ginevra, aperto oggi alla stampa. Il numero uno di Fiat e Chrysler ha voluto innanzitutto spiegare che “non esiste alcuna minaccia” riguardo la chiusura di alcuni stabilimenti italiani: “Abbiamo preso un impegno per Pomigliano – ha detto Marchionne -, confermato quello per Mirafiori con almeno un modello della Fiat e uno della Jeep, gli altri due stabilimenti hanno altri prodotti”. L’ad del Lingotto si è poi detto nuovamente contrario a qualsiasi forma di incentivo statale: “Non voglio incentivi o assistenza finanziaria. Voglio solo operare in modo efficiente. Fiat è finanziariamente solida e si oppone a qualsiasi intervento di sostegno del mercato”. IlSussidiario.net ha chiesto un commento al giornalista economico Franco Oppedisano, esperto di Fiat.
Come si spiega quest’ultima dichiarazione di Marchionne?
Anche per una questione di immagine, Marchionne continua a non volere incentivi o assistenza finanziaria, quindi nessun tipo di aiuto statale. Vuole quindi mantenere un atteggiamento che ha ormai da un paio d’anni a questa parte, di fatto da quando c’è anche Chrysler, cioè da quando ha detto basta ai sussidi per la Fiat. È intenzionato quindi a continuare sulla stessa strada, anche perché oltretutto gli incentivi anticipano le vendite che verranno fatte in futuro, ma di certo non creano ulteriore domanda di nuove vetture, che invece avverrebbe aumentando il tenore di vita delle persone o facendo importanti salti tecnologici.
E riguardo alla possibilità di chiusura degli stabilimenti Fiat?
Questa è certamente la cosa più importante che Marchionne ha detto, in particolare riguardo Pomigliano o Mirafiori. Anche questa eventualità dipende dal mercato, perché se le vendite rimangono a questo livello è chiaro che permane una sovracapacità produttiva in Europa, ma anche in Italia. È un problema che hanno anche Opel, Peugeot e Renault, in base al quale si hanno a disposizione stabilimenti che producono molte più automobili rispetto a quelle che il mercato europeo chiede. Infatti, come ha detto lo stesso Marchionne, l’unico modo per uscirne è produrre in Europa e vendere successivamente fuori dal continente, vale a dire, in base al progetto dell’ad del Lingotto, negli Stati Uniti.
Secondo lei, quindi permane questo rischio di chiusura?
Come dicevo il problema è il mercato, quindi se i numeri restano questi prima o poi bisognerà fare i conti con un’ipotesi del genere. Se invece si riesce a vendere all’estero una quota importante di vetture non dovrebbero esserci problemi, soprattutto per Pomigliano, su cui è stato appena investito molto.
Marchionne ha anche detto che con il recente accordo tra Peugeot e General Motors «non si è perso niente». Secondo lei è vero?
Quello che stanno facendo Gm e Peugeot è ridurre i costi e mettere in comune acquisti e investimenti per alcune piattaforme. Quindi non aumenteranno la domanda, e questo, almeno sul breve periodo, non disturberà direttamente la Fiat.
Domani Marchionne si incontrerà con l’ad di Renault e Nissan, Carlos Ghosn. Ci può essere qualcosa nell’aria?
Non credo, e anche lo stesso Marchionne ha voluto specificarlo. Rimane aperta però la pista asiatica, la più probabile per un futuro di aggregazioni o accordi con Mazda o Suzuki, ma probabilmente non è Renault la soluzione finale.
(Claudio Perlini)