Alzi la mano che si aspettava di vedere Romano Prodi, a Milano, parlare dopo diversi anni di assenza di fronte a una gremita Piazza del Duomo durante il comizio di centrosinistra a sostegno di Ambrosoli. In pochi se lo sarebbero immaginato, eppure il Professore era lì, “né per nostalgia né per cercare un ruolo”, ma “perché ne vale la pena”. A meno di una settimana dal voto e al termine di una difficoltosa campagna elettorale, anche l’ex premier viene chiamato per ribadire quel leit motiv con cui il centrosinistra sta chiaramente giocandosi le ultime carte prima di andare alle urne: dimenticatevi l’Ulivo, l’Unione e i vari Bertinotti, Dini e Mastella. Basta guerre intestine, basta frammentazioni, i leader di oggi sono uniti e pronti a governare. Bersani e Vendola vengono accolti da Tabacci e Pisapia, stretti su quel palco nella delicata scommessa di riprendersi proprio quella piazza milanese coloratasi di arancione nel giugno 2011 e che più di tutte si rivelerà decisiva per l’eventuale futura governabilità nazionale. “In Lombardia la partita è decisiva. Da qui è sempre partita la svolta, nel bene e nel male”, ha ricordato Bersani. “Da qui partì la stagione del riformismo e anche la liberazione. E qui nacque l’eroe borghese”, Giorgio Ambrosoli, padre di Umberto, assassinato nel luglio del 1979. Abbiamo commentato l’attuale situazione con Beppe Fioroni, esponente del Pd ed ex ministro della Pubblica istruzione proprio durante il Governo Prodi.
Cosa pensa delle parole del Professore?
Credo che Prodi abbia semplicemente voluto evidenziare l’esperienza del buon governo passato, cogliendo però la novità rappresentata da una coalizione attuale molto più coesa, compatta e responsabile, capace di garantire stabilità senza riprodurre le difficoltà, quelle del secondo governo Prodi, che avevano generato frammentazione tra soggetti politici e gruppi parlamentari.
Quali sono le maggiori differenze rispetto alle coalizioni passate?
Quella Bersani-Vendola-Tabacci è una coalizione unita e responsabile. Vendola rappresenta una delle migliori esperienze di buon governo delle Regioni nel nostro Paese, con credibilità nazionale e internazionale. Per questo motivo dicevo che Prodi, parlando in quel modo, ha voluto definire una sorta di continuità con l’esperienza passata ma che in questa occasione sarà ancora migliore, con grande senso di responsabilità e capacità di governo. Da Monti a Berlusconi, in molti agitano Vendola come uno spauracchio, ma francamente vorrei vedere molti altri presidenti di Regione capci di ottenere gli stessi risultati.
Prima parlava di governabilità. Crede non vi sarà quindi alcun tipo di problema?
Sono convinto che questa coalizione sarà in grado di governare e di compiere le riforme necessarie per il Paese. Il secondo governo Prodi, pur avendo una maggioranza esigua e frammentata, ha comunque fatto molte cose buone per il Paese: stavolta la situazione è diversa e ci troviamo di fronte a una maggioranza coesa e capace di mettere in campo tutte quelle riforme che, oggi più che mai, occorrono all’Italia.
Anche Prodi ha detto che “Vendola non è Bertinotti perché ha un forte senso delle istituzioni e in Puglia ha ben governato”.
E’ vero, quello di Prodi è stato un ottimo esempio di buon governo prima che qualcuno lo facesse cadere, e anche Bertinotti sa bene quanto questo sia vero. Ed è altrettanto vero che Vendola non è Bertinotti, perché il primo si è sempre assunto la responsabilità di governare, ha saputo prendere decisioni difficili e tenere insieme coalizioni, anche con il contributo democratico.
La differenza tra questa coalizione e quella del passato è quindi solo nelle persone?
Non è solo questo. Quella di oggi è una coalizione, caratterizzata da una forte esperienza di governo, di tre soggetti politici uniti sul piano progettuale e programmatico. In passato i soggetti politici non erano tre, ma diverse decine.
Perché oggi non è così?
Perché oggi abbiamo saputo dire di no. Abbiamo detto no a Ingroia, a Di Pietro, a tutta la sinistra radicale e massimalista, quella che aveva lavorato proprio contro il governo Prodi. E oggi questi nostri “no” sono i talenti veri della credibilità del nuovo governo Bersani. Il nostro appello al voto utile è fatto senza pensare ad alcun baratto o accordo, quindi se Rivoluzione Civile pensa che al Senato un voto a Bersani o un voto a Berlusconi siano la stessa cosa, allora è evidente quanto venga meno il senso di responsabilità rispetto ai bisogni del Paese. Per non parlare poi di Berlusconi.
Cosa intende?
Per fare uno straccio di coalizione, Berlusconi ha dovuto regalare le Regioni del Nord alla Lega, andando a comporre un’alleanza frammentata e litigiosa. Basti pensare che lo stesso Berlusconi è addirittura ricorso alla minaccia preventiva, dicendosi pronto a far cadere le giunte nel caso in cui non venisse rispettato alla lettera il programma Pdl. Mi sembra quindi evidente la differenza di questa coalizione di centrosinistra con il passato e con i precedenti governi.
(Claudio Perlini)