Riceve un riconoscimento importante Marco Minniti, direttamente dal capo dell’esecutivo di cui fa parte in qualità di Ministro dell’Interno, Paolo Gentiloni. Il premier, nel corso di un’iniziativa del Pd romano a cui hanno partecipato anche Francesco Rutelli e Carlo Calenda, ha dichiarato:”Nel 2017 abbiamo dimostrato che si possono infliggere colpi durissimi al racket dei trafficanti di esseri umani, e lo abbiamo fatto da soli, l’Ue ha solo preso atto, anche se la Germania ci è stata vicina. E chi ci dice di fare attenzione ai diritti umani, non solo gli diciamo che fa bene a dirlo, come la nostra preziosa alleata Emma Bonino, ma aggiungiamo che senza l’intesa tra Italia e Libia e al lavoro di Minniti non ci sarebbe spazio per una politica umanitaria in Libia, non ci sarebbe spazio per l’ Unhcr di andare lì a controllare le condizioni dei campi”. Come sottolinea Il Fatto Quotidiano, Gentiloni usa un’espressione diversa rispetto a quella del Viminale presieduto da Minniti, che aveva parlato chiaramente di “campi di concentramento” in Libia:”Rivendichiamo che di questi campi ne sono stati chiusi cinque e i 23 mila rimpatri sono stati volontari, con un contribuito per il reinserimento nel loro Paese”, ha precisato Gentiloni. Poi la chiosa:”Alla spirale d’ odio dobbiamo rispondere con ragionevolezza, spiegando che il traffico può essere sconfitto e che pian piano con i corridoi umanitari le migrazioni non solo possono essere gestite ma poi possono essere utili per il nostro Paese”. (agg. di Dario D’Angelo)
MINNITI VISITA GRANDE MOSCHEA DI ROMA
Marco Minniti, in visita alla Grande Moschea di Roma, si dice “emozionato” e “onorato”. Il ministro dell’Interno italiano riceve una calda accoglienza, del resto è stato lui – più di un anno fa – a siglare il cosiddetto Patto con l’Islam italiano. Un’intesa che – precisa lo stesso Minniti – “non è una legge”, ma presuppone un reciproco riconoscimento tra le parti che l’hanno siglata: da una parte lo Stato e dall’altra la comunità musulmana. L’occasione per rinnovare il clima di amicizia è il convegno “Musulmani italiani insieme per una società coesa“, organizzato dalla rivista “Limes” e ospitato dal Centro islamico culturale d’Italia, che con la Grande Moschea di Roma in sostanza si identifica. Minniti parla dell’Italia come di “un Paese che storicamente ha avuto un approccio culturale e dei valori aperti al confronto, improntato alla tolleranza. Non tutto può essere fatto da soli ma possiamo dire qualcosa in più in termini di dialogo interreligioso“. E come punto fermo cita proprio il Patto siglato dal Viminale, sottolineando – come riporta l’Agi – che “se si rafforzerà con la crescita dell’identità di un Islam italiano, e se questo diventerà il nostro unico interlocutore, il Patto può essere veicolo per una intesa di carattere istituzionale. Sarebbe un punto di approdo importantissimo”.
“MESSAGGIO NELLA BOTTIGLIA”
Nel parlare dell’intesa con l’Islam italiano, Minniti si spinge oltre, provando ad immagginare il Patto come “un messaggio nella bottiglia”, che possa servire a tracciare la strada anche nel resto d’Europa. Il riconoscimento delle moschee come luoghi di culto pubblici e aperti, il no agli imam fai-da-te e i sermoni da tenere in italiano sono del resto alcuni dei punti concreti scaturiti da questa intesa: “Siamo davanti a una grande sfida culturale – ha concluso il ministro – la conoscenza è l’unico modo per superare la diffidenza. Compito delle istituzioni democratiche è stare vicino a chi nutre diffidenze e paure e aiutarlo a liberarsene: dobbiamo costruire una santa alleanza per liberare il mondo dalle proprie ossessioni”. A rappresentare la soddisfazione della comunità musulmana italiana è stato Khalid Chaouki, presidente del Centro islamico culturale italiano, che ha detto:”Siamo orgogliosi del patrimonio importante di dialogo e di integrazione raggiunti, ma non basta. Vogliamo interloquire e collaborare sempre di più con il governo e la società, perchè i valori fondanti della Repubblica sono del tutto conciliabili con la nostra cultura. Il mio appello a tutto l’Islam italiano è a fare un passo indietro e a ripartire da qui, da un luogo che non è dei soli musulmani ma appartiene alla storia e alla cultura di questo Paese“.