In modo anche simbolico (ma la politica è sempre fatta di simboli) vent’anni dopo è finita la stagione iniziata con Mani Pulite. Mai come in questi giorni è evidente che i partiti “sanno solo fare danni” come ha ricordato Giuliano Ferrara sul Giornale di sabato scorso. Sta rapidamente finendo un mondo. I sondaggi che, ad esempio, Silvio Berlusconi sta studiando da qualche tempo indicano che solo il 5 per cento degli italiani crede ancora nella politica. Ieri Repubblica ha stampato un sondaggio analogo, in cui questa percentuale raggiunge addirittura il quattro.
E anzi viene da chiedersi: ma dove li hanno trovati questi ultimi fan? Del resto la crisi profonda della “casta”, i mancati tagli ai costi della politica, la difficoltà nel selezionare la classe dirigente sono sotto gli occhi di tutti.
Il Pd, che dovrebbe essere il partito più in forma essendo passato dalla maggioranza all’opposizione, vede regolarmente bocciati i suoi candidati alle Primarie. A favore di chiunque, basta che non si tratti di una candidato ufficiale della segreteria. Il Pdl ha problemi simili con un Alfano che in tempi di tesseramento deve ammonire un giorno sì e l’altro pure sulla correttezza delle procedure. Sul cosiddetto Terzo polo pesa poi come un macigno il caso del tesoriere della Margherita Luigi Lusi, il senatore accusato di aver sottratto 13 milioni di euro del finanziamento pubblico. Tempo fa in un’intervista Giulio Andreotti aveva detto: «Il sistema democristiano è durato più di 40 anni, quello di Giovanni Giolitti venti e venti il regime fascista, vediamo quanto durano questi…». Direi che “questi” sono arrivati alla fine dei loro vent’anni.
Questo significa che è finita la politica? In certo senso sì ed è evidente che Mario Monti rappresenta qualcosa di più che l’espressione di un Governo di tregua tecnica. I sondaggi, che citavamo prima, lo accreditano di una popolarità alta, superiore al 50 per cento. Unico uomo politico a questi livelli, Napolitano escluso. Giustamente Berlusconi sta valutando quali sono le possibili opzioni che ha in mano. Un nuovo accordo con la Lega (più, diciamo, nella tradizione) oppure un patto con Pd e Casini che formuli una nuova legge elettorale e non solo…
Comunque sia, mai come ora gli esiti sono incerti e imprevedibili. È chiaro tuttavia che i partiti, così come appaiono oggi, sono diventati insopportabili per i cittadini.
Devono ritrovare scopi e obiettivi chiari su cui tornare a raccogliere consenso nella società e allo stesso tempo devono cambiare la loro natura di apparati succhia soldi: essere leggeri, leggerissimi, comitati elettorali pronti a smontarsi il giorno dopo le elezioni.
Curiosa la sorte della democrazia italiana. Dal punto di vista dei partiti, dopo 70 anni, l’Italia dovrebbe ritornare ad Alcide De Gasperi, alla sua concezione di partito non leninista, non apparato, che tanto gli fu criticata dagli allora giovani capi democristiani, che infatti poi fecero tutto l’opposto.
Siamo davvero a un punto cruciale della nostra storia politica, il vecchio è decrepito, ma il nuovo ancora non si capisce che cosa davvero comporterà. E, paradossalmente, mai come ora abbiamo bisogno di sperare nel futuro, per non soccombere.
(Alessandro Banfi)