“L’ideale personalista è un impegno di popolo, al quale ciascuno è chiamato a contribuire nel pluralismo delle convinzioni e delle culture. Tutti ne trarremo beneficio, a partire dalle istituzioni e dalla politica”. Lo afferma il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, nel suo messaggio di saluto scritto per l’edizione 2015 del Meeting di Rimini. Per Mattarella “il rischio di chiusure settarie, o di tentazioni fondamentaliste, è sempre in agguato. Basta guardare intorno a noi il riemergere di populismi o nazionalismi”. Ne abbiamo parlato con Peppino Caldarola, ex direttore de l’Unità ed ex parlamentare dei Ds.
Quali sono le preoccupazioni di Mattarella che emergono dal suo messaggio al Meeting?
Mattarella è preoccupato da due cose: da un lato dal degrado del dibattito politico, sempre più spesso condito da frasi fatte, insulti, scontri violenti; dall’altra da un fenomeno di allontanamento dalla politica, quantificabile nel numero di persone che hanno già deciso di non andare a votare. L’invito è dunque chiaramente a ripristinare una dialettica politica corretta, in cui non si sovrappongano voci e correnti ideali e soprattutto non prevalga il populismo.
In che senso il presidente parla del populismo come di una minaccia?
Una delle caratteristiche del populismo è il fatto di essere tremendamente trasversale, ponendosi al di sopra delle correnti politiche e di rappresentarle tutte. Mentre le società occidentali funzionano bene quando le correnti politiche sono abbastanza nette e contrapposte, e quindi c’è quel pluralismo che arricchisce la democrazia cui fa riferimento il presidente Mattarella. Quando ci sono forze politiche che vogliono escludere le altre c’è un rischio per la democrazia.
In che modo è possibile superare questo rischio?
Nelle grandi democrazie quello delle alleanze è un tema fondamentale. Non sempre ciò si traduce in più partiti, quanto piuttosto in più culture. I Democratici e i Repubblicani americani al loro interno sono formati come delle coalizioni, pur dentro a un unico partito. Nei partiti italiani al contrario mal si sopporta il dissenso, e l’opinione contraria tende a esprimersi come dialettica che tende a farsi partito. Il Pd in questo caso è esemplare. C’è una vocazione ultramaggioritaria dei renziani, mentre il gruppo che si contrappone loro lo fa come se fosse esso stesso un partito.
Mattarella, in sintonia con monsignor Galantino, ha detto anche che “la qualità della vita democratica” dipende dall’umanità “nell’accogliere i profughi”. E’ davvero così?
Assolutamente sì. Nel dibattito sui migranti c’è un fondamentalismo intollerabile. Gli stessi zingari non arrivano a 180mila persone, di cui la metà sono cittadini italiani, eppure su questo tema si sono costruite carriere politiche e televisive. Tutto ciò mentre sulle nostre coste stanno avvenendo dei drammi cui popolazione italiana, Marina Militare e associazioni cattoliche stanno rispondendo con grande umanità. Dall’altra però assistiamo alle urla di Salvini e di Grillo. Mi domando se pensino davvero che si possa sparare su questi barconi, quando a uccidere gli immigrati ci pensano già gli scafisti.
Lei non ritiene che l’accoglienza vada coniugata anche con la fermezza?
Sì. Siccome il Marocco non è una dittatura, è giusto che gli immigrati che provengono da questo Paese siano rimpatriati. Ma altri sono sbarcati in Italia per sfuggire a pericoli mortali. Mi riferisco a siriani ed eritrei, popolazioni molto combattive nello scontro tribale, ma che una volta in Italia di solito non danno vita a una criminalità organizzata.
Mattarella parla per due volte della necessità di “testimoni credibili”. Quanto conta ancora il loro ruolo nella nostra società?
I testimoni sono ancora decisivi anche nelle società più secolarizzate. Persino negli Stati Uniti può accadere che gli uomini politici siano sorpresi ad avere legami con il malaffare. Negli Usa è fondamentale il rapporto di verità con l’opinione pubblica, in quanto la bugia non è tollerata. Quando Mattarella parla di moralità non vuole dire, per usare un’espressione riferita a suo tempo a Berlinguer, che i politici debbano essere dei “frati zoccolanti”. Dobbiamo però immaginare persone al servizio delle comunità, che non vivano al di sopra delle loro risorse.
Il passaggio di Mattarella sulla crisi sembra ricalcare il discorso di Napolitano al Meeting del 2011. Quanto sono in linea i due presidenti?
Mattarella è e sarà un presidente diverso da Napolitano. Sul piano dei grandi principi sono entrambi custodi della Costituzione, anche se Mattarella ha un profilo meno pressante sulla politica. Nessuno però si illuda che l’attuale presidente possa osservare la politica dall’alto del Quirinale senza intervenire. La crisi da questo punto di vista è il grande tema. Invece di chiedere, come fa Salvini, tre giorni di blocco del Paese, nelle grandi democrazie si fanno delle proposte. Il gioco allo sfascio e la descrizione del Paese come dominato da cosche mafiose ed extracomunitari assetati di sangue non sono altro che rappresentazioni malvagie.
(Pietro Vernizzi)