“Mi aspetto che la lotta all’evasione, più che la missione istituzionale dell’amministrazione, sia un obiettivo condiviso dalla società civile”. E’ l’auspicio di Attilio Befera, direttore dell’Agenzia delle Entrate, che nel corso dell’audizione di fronte alla commissione Finanze di Montecitorio ha rimarcato: “Mi attendo che le attività di controllo fiscale non siano più percepite come forme di invasiva intrusione nelle realtà private, ma siano accettate serenamente, al pari di altre forme di controllo dello Stato”. Per commentare queste dichiarazioni, ilsussidiario.net ha intervistato Ugo Arrigo, professore di Finanza pubblica all’Università di Milano-Bicocca.
Come è possibile fare diventare condiviso l’impegno contro l’evasione?
Nessuno può giustificare che una parte dei cittadini non rispetti le leggi tributarie e quindi non paghi le imposte. Di per sé l’evasione è un fenomeno negativo e moralmente criticabile, e la società civile dovrebbe contrapporsi a esso. Occorre però sottolineare che il nostro fisco non è equo. L’evasione da un lato e la pressione fiscale eccessiva dall’altra devono essere guardate contemporaneamente. Non sono due aspetti diversi e indipendenti, in quanto se il carico tributario fosse equamente ripartito tra i cittadini e il fisco non fosse troppo esoso, sarebbe la premessa per chiedere ai cittadini di essere adempienti.
In che modo è possibile cambiare le cose?
Prima il fisco italiano deve riformarsi e presentarsi al contribuente in una nuova veste di equità, e solo a quel punto ogni evasione sarà condannabile. Ci può essere un’evasione di necessità, di chi di fronte a pretese molto elevate dell’Agenzia delle Entrate privilegia esigenze di ordine morale superiore, che possono essere la sua famiglia, il mantenimento dei suoi figli, il fatto di avere parenti malati che hanno bisogno di cure costose.
Se non ci fossero evasori le aliquote sarebbero più basse…
Questo non è dimostrabile. Ogni volta che il gettito fiscale si è alzato, lo Stato invece di abbassare le aliquote ha aumentato la spesa pubblica. Non è mai avvenuto che i soldi in più raccolti con la lotta all’evasione fiscale fossero ridistribuiti ai contribuenti. Ricordo che in alcuni casi nel nostro Paese le aliquote arrivano ai due terzi del reddito. Questa non è pressione ma “oppressione fiscale”, e quando grava sulle imprese le rende non competitive. Ma ci sono degli altri elementi di forte contraddizione…
Quali?
La giustizia tributaria è gestita dall’amministrazione dello Stato. Quando mai si è visto che una parte in causa è anche giudice? Servirebbe maggiore imparzialità. Il paradosso è che in un terzo dei casi, i ricorsi dei cittadini vedono l’amministrazione soccombente. Befera lo ha giustificato con il livello di complicazione delle regole, ma resta il fatto che l’amministrazione tributaria in un terzo dei casi sbaglia ad applicare le leggi e lo fa ai danni dei cittadini. Vorrei ricorrere a un’immagine che potrà sembrare un po’ forte …
Prego, dica pure …
In Italia il gioco tra contribuente e fisco è come la partita tra due bari. Il contribuente baro è l’evasore, ma il fisco baro è lo Stato che modifica a piacimento la legislazione fiscale per incassare di più e crea dei costi al cittadino per difendersi da tasse non dovute, in modo tale che quest’ultimo piuttosto che affrontare l’amministrazione finanziaria preferisca pagare. In questo gioco chi ci rimette sono i contribuenti che per scelta o per condizione non sono né vogliono essere dei bari.
Befera ha criticato la “proliferazione di agevolazioni”. Quali andrebbero eliminate?
Attenzione a chiamare agevolazioni delle deduzioni o detrazioni fiscali che servono per adattare il vestito fiscale alle misure del contribuente. Le detrazioni per i figli a carico non possono essere chiamate agevolazioni. Quest’ultimo termine equivale a dare un giudizio di valore. E perché allora non chiamare l’assenza di agevolazioni una “penalizzazione”? Oggi il fisco è molto articolato e può essere riordinato, ma si basa su un sistema di contrappesi che servono per rispettare l’equità orizzontale e verticale.
Con la legge delega per la revisione del sistema fiscale, ci si sta muovendo nella direzione giusta?
Io ho aspettative negative, per il fatto che la legge delega si fa in quanto il fisco ha un grande bisogno di risorse per i suoi obiettivi di equilibrio di bilancio. L’obiettivo del gettito fiscale e quello dell’equità della macchina fiscale sono di per sé contraddittori. Siccome questo governo sta perseguendo il gettito, non mi aspetto che la legge delega vada nella direzione dell’equità fiscale.
Intanto l’Agenzia delle Entrate fa sapere che lo scorso anno dalla lotta all’evasione fiscale sono arrivati 12,7 miliardi di euro…
La mia riserva è su ciò che si intenda per evasione, visto che non è spiegato. Ritengo che per loro evasione significhi soltanto “imposte non pagate”, e che quindi i 12,7 miliardi includano anche l’esito della riscossione coattiva. Una cifra che può includere tanti casi diversi, per esempio il contribuente che non paga le tasse semplicemente perché non ha le risorse per farlo, senza però falsificare la dichiarazione dei redditi. Ben diverso è il discorso relativo agli imponibili nascosti dai contribuenti, e scoperti dall’amministrazione grazie ai controlli.
(Pietro Vernizzi)