L’Italia finirà come Cipro o come la Grecia? A chiederselo in un post pubblicato di recente sul blog di Beppe Grillo è Beppe Scienza, docente di matematica all’Università di Torino e studioso di risparmio e previdenza integrativa. “La sorte delle banche cipriote”, scrive Scienza, “ha spaventato molti risparmiatori italiani. Al riguardo due notizie, una buona e una cattiva: 1. L’Italia non finirà come Cipro, 2. L’Italia può finire come la Grecia. Vediamo perché”. Riguardo alla prima, Scienza spiega che “le banche di Cipro sono rimaste chiuse per dodici giorni, poi aperte con fortissime limitazioni (un massimale giornaliero di 300 euro prelevabili in contanti, uno mensile di 5.000 per le carte di credito ecc.). Ma il peggio è la mannaia abbattutasi sui conti correnti della Banca di Cipro e della Banca Popolare. Per ogni conto corrente solo 100.000 euro sono rimasti disponibili. Per quanto eccede tale cifra non è neppure chiaro se resterà qualcosa fra imposte straordinarie, conversione forzosa in azioni della banca ecc. L’alternativa a tali misure era comunque il fallimento di tali banche”. C’è effettivamente il rischio che possa capitare lo stesso con le banche italiane? “La risposta è no”, aggiunge Scienza. “Cipro ha (o aveva) affinità semmai con Malta o il Lussemburgo, non con l’Italia o la Spagna. La maggior parte dei depositi nelle sue banche era di stranieri (russi, britannici…), in gran parte evasori fiscali o peggio, attratti da vantaggi fiscali. Non è così per le banche italiane. Si può sostenere addirittura che le banche cipriote fossero tali di nome, agendo nella sostanza come fondi o società d’investimento in prodotti speculativi. Non è così per le banche italiane”. Per quanto riguarda invece la seconda ipotesi (“L’Italia come la Grecia?”), Beppe Scienza scrive che sono effettivamente “maggiori le affinità con la situazione greca prima dell’insolvenza. Senza indulgere nel catastrofismo, è innegabile che l’attuale cocktail sia venefico. Esso è composto da un altissimo debito pubblico (appare vicino il 130% rispetto al PIL ed è una brutta percentuale), una crisi economica e una classe politica non all’altezza della situazione, per non dire peggio. Una fine come la Grecia non è certo prossima, ma a medio termine non si può escludere. Di fatto non la escludono i mercati finanziari”. Cosa significa infatti uno spread di 300-350 punti ovvero un rendimento dei titoli di stato italiani superiore del 3-3,5% a quelli tedeschi? “In qualche modo – spiega Scienza – significa attribuire anche più del 3% di probabilità all’insolvenza dello stato italiano. È pura edulcorazione servile sostenere che lo spread dipenda invece dalla diversa liquidità o volatilità dei titoli italiani. Balle! Dipende dal maggior rischio percepito di default. Ma il giornalismo economico italiano è la fiera degli strafalcioni”. Si può dunque concludere “con considerazioni solo parzialmente rassicuranti. L’esito della crisi cipriota ha infatti confermato la volontà di salvaguardia dei depositi bancari fino a 100.000 euro, ritenuta in qualche modo la soglia sotto cui si colloca il piccolo risparmio. Fra l’altro anche per le obbligazioni Alitalia operò in qualche modo tale limite. Appare però quantitativamente arduo, per non dire impossibile, garantire una tale protezione in caso di default dell’Italia: i risparmiatori italiani sono troppi”.