“Di che è mancanza questa mancanza, cuore, che a un tratto ne sei pieno?”. Dalla domanda che il Meeting pone non può sfuggire nessuno, nemmeno la politica. O, meglio, chi fa politica. In questi anni sta avvenendo un cambiamento non appena di “ciclo”, ma “di epoca”. Oggi gli Stati hanno un potere limitato: Tsipras va alle elezioni per gestire regole poste da altri, non per scriverle; il fenomeno Isis sta creando una scenario geopolitico inedito che la Comunità internazionale fatica ad affrontare; la crisi insiste da sette lunghi anni su un’economia globalizzata e si propaga come un virus, senza che la politica riesca a eliminarne le cause profonde. Tutto questo, e non solo, sta all’origine di un fenomeno migratorio in cui masse sterminate di uomini e donne si spostano in cerca di pace e di lavoro e che, come vediamo quasi quotidianamente, si scontra con egoismi e incapacità strutturali nell’accoglienza.
È legittimo chiedersi: se la politica non può intervenire efficacemente su questi fenomeni, anche perché gli Stati (forse nemmeno l’Europa) non sono più “terminali ultimi” delle decisioni, ma piuttosto quasi dei “corpi intermedi”, a cosa serve la politica? Per questo con l’Intergruppo Parlamentare per la Sussidiarietà vogliamo mettere a tema nell’ormai tradizionale appuntamento al Meeting di Rimini il senso del fare politica oggi: la politica per chi? La politica per che cosa?
Sono domande che troppo spesso sono eluse da chi fa politica, ed è questa elusione che crea distanza tra politica e il popolo di cui si dovrebbe occupare. Perché, quando chi fa politica non risponde a questa domanda inevitabilmente diventa astratta, diventa cieca, incapace di leggere i bisogni delle persone e della comunità, e si riduce a cavalcare le pulsioni istintive per conquistare un consenso effimero. Diventa anche violenta, giustifica il proprio essere unicamente con lo scontro, diventa fattore che contribuisce alla distruzione, non alla costruzione del bene comune. Diventa presunzione. Invece, è nella natura stessa della politica essere un’incompiuta, essere un tentativo imperfetto, un servizio ad altro da sé.
Perché ciò che risponde alla mancanza del cuore dell’uomo non è la politica. Il compito della politica è di creare le condizioni perché gli uomini, le comunità, i popoli, possano cercare e incontrare la risposta. Per questo è fondamentale la sussidiarietà, ovvero una politica che parta dal basso, che guardi innanzitutto al positivo (non al negativo), che parta dai tentativi che nascono dalla società valorizzandoli e sostenendoli.
E per questo è decisivo un luogo come l’Intergruppo, un ambito in cui chi fa politica possa dialogare guardandosi negli occhi insieme e cercare soluzioni ai problemi inediti che l’oggi pone, con la disponibilità a imparare dall’altro.
Di fronte alle sfide che abbiamo davanti possiamo solo ripartire da qui, e non solo chi è impegnato direttamente in politica, perché la “polis” è di ciascuno di noi. Come ha ricordato pochi giorni fa al Meeting Luciano Violante, se non esistono comunità politiche, non esistono luoghi di relazioni umane. E viceversa.