Liste plurinominali brevi e con i nomi visibili sulla scheda elettorale, sbarramento nazionale al 5%, sistema elettorale proporzionale corretto alla Camera, con attribuzione dei seggi a livello circoscrizionale e al Senato a livello regionale: se ne potrebbe anche discutere. Se la bozza che contiene tali proposte non fosse la bozza Calderoli. Neanche troppo ironicamente, il leader del Pd, Pierluigi Bersani, ha fatto sapere: «La parola stessa mette qualche dubbio in proposito. Sono molto, molto cauto su proposte che provengono da quel lato e con quella firma»; in sostanza, la suggestione di un porcellum bis è insopportabile. Meglio, a questo punto, tenersi la famigerata legge invisa ufficialmente a tutte le forze politiche che cadere dalla padella nella brace. Entrando nel merito, Luciano Violante spiega a IlSussidiario.net perché l’ipotesi di riforma della legge elettorale avanzata dal senatore leghista e condivisa dal Pdl non è, oggettivamente, accettabile.
Qual è il suo giudizio in merito alla schema suggerito da Calderoli?
Non sono favorevole. Perché non aiuta a costruire nelle urne una maggioranza di governo, cosa di cui il Paese ha estrema necessità. Se così non fosse, infatti, all’indomani del voto comincerebbe una interminabile sequenza di consultazioni, tavoli, colloqui, caminetti per determinare la composizione del governo. Nel frattempo, prevedibilmente, lo spread salirebbe alle stelle. Si può discutere dell’opportunità di inserire le preferenze piuttosto che i collegi uninominali. Ma sulla governabilità del Paese non si può transigere.
Quali sono gli elementi della bozza che maggiormente renderebbero impossibile la costituzione di maggioranze politiche?
La bozza prevede, tra le altre cose, che alla lista o alla coalizione di liste che ottengano il 40% dei seggi venga assicurato un premio di maggioranza del 12%. Ora, si capisce facilmente come (al di là del fatto che con ogni probabilità nessuno riuscirà a raggiungere un tale risultato) governare con il 52% dei seggi e con il restante 48% di Parlamento contro, in una situazione così difficile, farebbe cadere il Paese nell’instabilità. Non è proposta, inoltre, una clausola che impedisca le candidature multiple. Se un partito colloca nelle prime caselle un gruppo di fedelissimi, e se li candida in più circoscrizioni, attraverso le opzioni continuerà a decidere chi entra in Parlamento e chi ne sta fuori.
Perché secondo lei il centrodestra mira all’ingovernabilità?
La questione è più complessa. Non mira all’ingovernabilità. Mira a far parte della maggioranza di governo, anche se perdesse le elezioni. So bene, per esperienza diretta, che quando si prefigura una sconfitta, si cerca di azzerare o per lo meno di limitare i danni. È umano ed è comprensibile. Noi non crediamo che un governo con ministri Pdl, Pd, Udc possa dare stabilità e speranza. Corriamo il rischio di vanificare i tanti sacrifici che gli italiani, in questi mesi, hanno compiuto. D’altro canto, quanto crede che potrebbe durare un governo politico costituito da Berlusconi, Bersani, Casini?
Per ora sta durando…
Attenzione: per il momento i suddetti partiti costituiscono la maggioranza che regge il governo, ma nessuno fa parte del consiglio dei ministri. E, oltretutto, siamo a fine legislatura.
Se il Pd vince, quindi, governa? Nessun Monti bis?
Non sarò certo io a negare il valore di Mario Monti e la necessità di non privarsi del suo prestigio e della sua competenza. Ma questo sarà deciso dopo le elezioni innanzitutto dal professor Monti e poi, con lui, dai partiti della futura maggioranza. Se i partiti maggiori oggi si accordassero per governare insieme, indipendentemente dall’esito elettorale, i cittadini verrebbero privati di un diritto fondamentale.
In ogni caso, voi cosa proponete per garantire stabilità?
È sufficiente introdurre il sistema dei collegi e, a quel punto, attribuire un premio di maggioranza che può essere pari al 10%. Vorrei sottolineare che, inizialmente, avevamo proposto di introdurre il collegio a doppio turno; ma al Pdl non andava bene. Allora abbiamo suggerito un mix tra i collegi uninominali e i listini. Niente da fare neanche in questo caso. Al che, abbiamo chiesto al Pdl di avanzare una proposta. Ne stiamo aspettando ancora una che assicuri l’unica cosa cui non intendiamo rinunciare: la sera delle elezioni, si deve sapere che governerà il Paese.
L’entrata di Vendola nella coalizione potrebbe obbligarvi a rivedere le vostre posizioni sulla legge elettorale?
Non credo. Noi non vogliamo una legge elettorale che in maniera furbesca penalizzi i partiti minori affinché quelli maggiori possano spartirsi i loro seggi; tuttavia, siamo convinti che occorra una maggioranza omogenea. Detto questo, Vendola, che è una persona seria, ha deciso di stare nel centrosinistra perché ne condivide, evidentemente, le posizioni.
Molti cattolici del suo partito, tra cui l’onorevole Luigi Bobba, hanno criticato la decisone di allearsi con Sel. Crede che questo porrà un problema politico nel Pd?
Quando ero presidente del gruppo dei deputati del mio partito, alcuni colleghi cattolici che ne facevano parte, nel momento in cui si dovette votare sulla fecondazione assistita eterologa, mi confessarono di trovarsi in difficoltà. Risposi che non ero d’accordo sulla loro posizione, ma potevano votare, senza problemi, secondo le loro convinzioni. Su alcuni temi va riconosciuto il voto di coscienza e non c’è che vincolo politico che tenga.
(Paolo Nessi)