I precedenti sono mortificanti e che questa sia la volta buona potrebbe restare l’ennesima speranza inevasa. L’obiettivo del nuovo commissario alla spending review, Carlo Cottareli, è piuttosto ambizioso: 32 miliardi di euro di tagli in tre anni. Le sforbiciate riguarderanno 8 settori in particolare, rispetto ai quali Cottarelli sarà affiancato da altrettanti gruppi di lavoro: beni e servizi, immobili, organizzazione amministrativa, pubblico impiego, costi standard e forniture, costi della politica, qualità delle spese di investimento e partecipazioni pubbliche. Contestualmente, lo Stato si accinge a condurre a termine un piano di privatizzazioni che, per molti versi, induce qualche preoccupazione: finché si vende la Rai, le caserme, le aziende dei trasporti e via dicendo, infatti, nulla osta che l’acquirente privato, ancorché straniero, faccia meglio dello Stato. Se parliamo, invece, di Eni, Enel o Finmeccanica, si pone quale problema di interesse strategico nazionale. Abbiamo ragionato su tutto ciò con Guido Gentili, editorialista de Il Sole 24 Ore.
Perché in Italia sembra quasi impossibile tagliare la spesa pubblica improduttiva?
Dipende dalla nostra storia. Siamo cresciuti all’insegna di uno Stato che, negli anni, ha continuato ad allargare il proprio perimetro d’azione. Il debito pubblico da oltre 2mila miliardi abbiamo iniziato a costruirlo almeno dalla seconda metà degli anni ’60, iniziando a vivere, sostanzialmente, a debito, e creando di anno in anno deficit mostruosi. Contestualmente, si è verificata, inoltre, una proliferazione legislativa abnorme. Basti pensare alla stratificazione normativa che ha fatto seguito all’istituzione delle Regioni. Come se non bastasse, abbiamo dato vita a un welfare che, in generale, è costosissimo, ma che rispetto agli altri paesi avanzati offre servizi indispensabili per la persona, quali gli asili nido, del tutto inadeguati. Insomma, abbiamo un sistema elefantiaco e inefficiente e smantellarlo non è impresa semplice.
Sulla carta, il piano di Cottarelli è apprezzabile?
Nulla da eccepire sugli obiettivi. Resto perplesso per il meccanismo che si sta mettendo in moto.
Cosa intende?
Oltre agli 8 gruppi di lavoro che aiuteranno Cottarelli, se ne affiancheranno altri. Secondo alcuni conteggi, se ne creeranno addirittura 76, tra gruppi veri e propri e tavoli di discussione. Una macchina del genere, per essere efficiente, dovrebbe funzionare come un orologio svizzero. E, in Italia, niente funziona così. Insomma, il timore è che si stia creando una ragnatela mostruosa, caratterizzata dal metodo della concertazione. Negli altri paesi in pochi decidono in fretta e si assumono le loro responsabilità.
Gli eventuali ricavi dovrebbero essere vincolati a degli obiettivi particolari?
L’indicazione generale del governo è di usare i proventi del taglio alla spesa pubblica per ridurre la pressione fiscale. Sarebbe auspicabile introdurre, in tal senso, anche un vincolo legislativo. Abbassare le imposte sortirebbe l’effetto di rilanciare la crescita che, secondo il governo, sarà nel 2014 dell’1,1%, mentre secondo l’Ue, l’Istat, la Banca d’Italia e la Corte solo dello 0,7%.
Altra fonte di entrate potrebbe essere fornita dalle privatizzazioni. Cosa ne pensa dell’ipotesi di dismissione di quote di Eni, Enel, e Finmeccanica?
Le aziende citate sono campioni nazionali che si confrontano attivamente sui mercati mondiali, e non dei pachidermi come le partecipazioni statali degli anni ’70. Insomma, aziende efficienti che danno un grande contributo allo Stato (e ai suoi azionisti privati), in termini di efficienza e ricavi. Metter mano a questo settore significa toccare realmente l’interesse nazionale. Sarebbe opportuno, quantomeno, procedere con una certa cautela. Tanto più che il nostro sistema industriale è già stato eroso dalla crisi.
(Paolo Nessi)