Montezemolo si trova tra l’incudine e il martello. Con chi schierarsi, dato che prender posizione, nel panorama politico-industriale italiano è obbligatorio? Marchionne, amministratore delegato di Fiat, ha deciso, con gran clamore, di uscire da Confindustria. La decisione è stata motivata con l’impossibilità di poter applicare pienamente l’articolo 8 della manovra finanziaria (che assicura flessibilità contrattuale, in deroga ai contratti nazionali) in seguito agli accordi siglati tra l’associazione guidata dalla Marcegaglia e i sindacati confederali. Un uscita di scena storica, dato che Fiat è, da sempre, l’azienda numero uno di Confindustria. E, soprattutto, dal momento che le ha dato due presidenti: Giovanni Agnelli e, appunto, Luca Cordero di Montezemolo. Il quale, del Lingotto, è stato presidente.
Non si trova, di certo, in una situazione semplice, allo stato dell’arte. Le sue ambizioni politiche sono ormai note a chiunque. Per realizzarle, al momento, non può certo fare a meno degli industriali, di cui si è eretto a baluardo. Né del “fuoco di copertura” che gli garantirebbe Fiat. Per il momento, intervenendo all’inaugurazione della sede pugliese della sua associazione, Italia Futura, si limita a manifestare il suo rammarico. «La rottura tra Fiat e Confindustria non può che addolorarmi moltissimo, professionalmente e personalmente» ha detto. Poi, si è leggermente sbilanciando, nell’affermare che se la maggior azienda del Paese ha lasciato Confindustria perché gli avrebbe impedito di perseguire i propri obiettivi aziendali, qualcosa deve essere andato storto. Il presidente della Ferrari, (marchio di proprietà della Fiat) si è detto convinto che vada fatto tutto il possibile per portare ad un riavvicinamento. «Qualunque contributo nel rispetto dei ruoli io potrò dare per facilitare un riavvicinamento non mancherà di certo», ha aggiunto. In particolare, ha sottolineato come Viale dell’Astronomia debba ripensare al proprio ruolo rispetto al paese, senza escludere un diverso assetto territoriale e settoriale e prendendo consapevolezza della funzione che può assumere nell’ottica di una nuova fase costituente.
Per far questo, occorre dar vita ad un «progetto di ampio respiro, popolare e liberale, che recuperi lo spirito degli anni del primo dopoguerra e che abbia come pilastri crescita e solidarietà». Secondo Montezemolo, il tutto è da fari quanto prima. Siamo sul «ciglio del burrone» e il «rischio Grecia» è concreto. In pratica, rischiano di saltare «risparmi, lavoro e la vita di tante persone».