“Con i vincoli di bilancio europei abolire Tasi e Imu è impossibile, a meno di voler compensare quella somma andando a gravare sugli italiani con altre tasse”. Lo afferma Antonio Maria Rinaldi, docente di Finanza aziendale all’Università Gabriele D’Annunzio di Pescara e professore straordinario di Economia politica alla Link Campus University di Roma. Ieri Renzi ha annunciato: “Il prossimo anno togliamo Tasi e Imu per tutti”. Nel cronoprogramma di Renzi l’abolizione di Imu e Tasi è previsto entro il 2016, mentre i tagli all’Ires entreranno in vigore nel 2017 con l’obiettivo di portarla al 24%, cioè al di sotto dei livelli della Spagna. Nel 2018 quindi sarà la volta dell’Irpef.
Ritiene che le promesse del presidente del Consiglio siano sostenibili?
Renzi probabilmente non ha fatto bene i conti. Se effettivamente volesse cancellare Tasi e Imu, dovrebbe poi mettere le mani nelle tasche degli italiani anche per importi piuttosto sostanziosi. Da quando abbiamo abbracciato l’unione monetaria siamo soggetti ai vincoli del bilancio europeo. Questo ci impone che il nostro fabbisogno finanziario sia alimentato solo o dalla leva fiscale o dal taglio della spesa pubblica.
Sono strade percorribili?
Già il ministero dell’Economia, Pier Carlo Padoan, ha detto che dovrà esserci una manovra correttiva da 10 miliardi. Se le tasse sulla casa indicate da Renzi dovessero essere tagliate, non so dove andremo a prendere gli altri soldi. Personalmente ritengo però che si tratti di boutade tanto per cercare di arginare il calo verticale dei consensi registrato nell’ultimo periodo. Oggi come oggi non puoi togliere neanche un centesimo di tasse, perché non solo abbiamo un fabbisogno superiore di quello preventivato dalla legge di stabilità, ma addirittura c’è necessità di ulteriori imposizioni fiscali. Abolire Tasi e Imu creerà quindi danni ancora più grandi da altre parti.
L’idea è affidare ai Comuni una local tax con un’aliquota discrezionale. Come andrà a finire?
Se si abolisce la Tasi, ma poi si aumentano altre tasse cambia poco: la somma che esce dalle tasche dei cittadini è sempre la stessa. Sono sempre soldi drenati dal reddito del contribuente che non consentono di fare ripartire i consumi interni. Poco importa che questo esborso avvenga sotto la voce “tasse sulla casa” o sotto a un’altra voce.
Sarebbe meglio tagliare le tasse sul reddito?
Proprio come le tasse sul reddito, anche quelle sul patrimonio diminuiscono i consumi. Qualsiasi imposta è un trasferimento di risorse dalle famiglie allo Stato, che poi non li rimette in circolo. Anche la tassa sulla casa, che di fatto è una patrimoniale, non fa altro che sottrarre soldi per i consumi interni. Se un padre deve pagare 1.500 euro di Tasi, finisce per non comprare le scarpe al figlio.
Se non si possono tagliare le tasse, come si fa a far ripartire l’economia?
A queste condizioni fare ripartire l’economia è impossibile. Dal momento in cui abbiamo perso la sovranità monetaria con l’euro, non abbiamo più la possibilità di fare leva sulla monetizzazione del debito, come fanno tutti gli Stati che hanno sovranità monetaria. I tre sistemi per reperire risorse finanziarie sono leva fiscale, taglio della spesa pubblica e parziale monetizzazione del debito, ma all’Italia questa terza possibilità è preclusa. Non possiamo quindi più porre in essere manovre di politica economica tarate per la nostra economia, in quanto dobbiamo sottostare ai vincoli dei trattati, i quali non prevedono il fatto di monetizzare il debito.
Il governo potrebbe sempre ricorrere al taglio della spesa…
Va tenuto conto del fatto che la spesa pubblica italiana primaria, cioè sottratti gli interessi sul debito, è inferiore alla media europea. Non bisogna quindi tagliare la spesa, bensì riallocare in investimenti produttivi la parte del bilancio pubblico che è spesa male.
(Pietro Vernizzi)