Il 23 giugno i cittadini britannici saranno chiamati a esprimersi sulla volontà di rimanere o meno all’interno dell’Unione europea. L’esito è molto incerto, in quanto i sondaggi effettuati finora hanno fornito rilevazioni molto fluttuanti. Ma quali sarebbero le ripercussioni per l’Italia nel caso di un’uscita del Regno Unito dall’Ue? L’agenzia di rating Standard & Poor’s ha cercato di stimarlo creando il Brexit Sensitivity Index, in base a cui il Paese che ne risentirebbe di più in assoluto sarebbe l’Irlanda. Inspiegabilmente, a subirne le conseguenze in modo molto elevato sarebbe anche la Svizzera, che pure non fa parte dell’Ue. L’Italia invece è il Paese che ne risentirebbe di meno dopo l’Austria. Ne abbiamo parlato con il professor Francesco Forte, ex ministro delle Finanze e per il Coordinamento delle politiche comunitarie.
Lei che cosa ne pensa del Referendum Brexit? È un pericolo per l’Italia?
In genere è un pericolo per l’Unione europea, anche se l’Italia ha una maggiore integrazione economica con il Regno Unito rispetto ad altri Paesi dell’Eurozona. In particolare Italia, Francia e Spagna sono strettamente connesse con il Regno Unito, mentre la Germania lo è di meno. In più esiste una connessione finanziaria evidente tra la Borsa di Milano e quella di Londra. Una Brexit sarebbe quindi un danno notevole per il nostro Paese, anche perché noi esportiamo parecchio nel Regno Unito.
Quali sarebbero invece le conseguenze politiche per l’Italia?
Le conseguenze politiche di una Brexit sarebbero ancora più gravi. Una Brexit rafforzerebbe i populismi che hanno tantissimi esponenti non solo in Italia, ma anche in Grecia, in Francia, in Austria e nella stessa Germania. Questi partiti affermano che sarebbe bene che i Paesi del Mediterraneo uscissero dall’Eurozona. Una Brexit genererebbe quindi un terremoto generale, perché ci sarebbe un tentativo inglese di ravvicinamento a Italia, Spagna, Grecia e Francia per cercare di creare un blocco economico e politico contrapposto a quello tedesco. Le conseguenze riguarderebbero anche il piano strategico e militare.
In che senso?
Non dimentichiamo che le forze speciali britanniche stanno stabilizzando la Libia nella zona di Misurata e di Sirte. Questo per l’Italia è di grandissima importanza, perché rafforza il governo libico e consente almeno in parte di contenere quei flussi migratori che generano migliaia di morti. Anche per questi motivi, la presenza del Regno Unito nell’Ue è un fatto d’importanza strategica.
Ma allora S&P sbaglia quando afferma che l’Italia sarebbe uno dei Paesi a risentire di meno di una Brexit?
Quello fornito da S&P è un dato che non mi convince. L’agenzia di rating non procede in modo scientifico, bensì intuitivo. Ho elaborato personalmente un modello econometrico, già pubblicato su una rivista internazionale, da cui emerge un risultato del tutto diverso: dal punto di vista dell’integrazione economica esiste un’enorme correlazione tra Italia e Regno Unito. D’altra parte basta guardare al commercio internazionale per comprendere che la classifica di S&P è sbagliata.
Come si spiega allora che S&P pubblichi una classifica così distante dalla realtà?
Si spiega con il fatto che gli Stati Uniti hanno interesse a un’uscita del Regno Unito dall’Ue perché hanno un disegno economico e finanziario di lungo termine. L’obiettivo degli Usa è costituire un’alleanza basata su Regno Unito, Irlanda e Italia, e con una Brexit si potrebbe costituire questo blocco. Nel medio termine l’Italia ha tutto da guadagnare da un blocco basato sui rapporti di cooperazione economica con regno Unito e Stati Uniti.
Per quali motivi?
Dal punto di vista industriale l’Italia è complementare rispetto al Regno Unito, mentre è in concorrenza con la Germania. Dopo un’uscita dall’Ue, il Regno Unito inizierebbe a gravitare nell’area del dollaro e a quel punto anche per l’Italia si aprirebbe la possibilità di seguire un percorso analogo. Nel breve termine però si verificherebbe comunque un terremoto, perché le nostre esportazioni ne soffrirebbero parecchio. Nel medio termine inoltre ci sono dei rischi politici gravi, perché in Europa rispunterebbero un blocco tedesco, uno russo e uno occidentale.
(Pietro Vernizzi)