Molti si sono chiesti se l’astensione di Luca Barbareschi sull’autorizzazione a procedere per la perquisizione negli uffici di Berlusconi fosse una mossa premeditata o davvero un banale errore nella esecuzione del voto in Parlamento.
Una strategia di comunicazione mediatica ai limiti della comprensibilità (come insinua anche il colega futurista Granata)? Un colpo da Trasformista (con la T maiuscola, come il film che andrà in onda sui canali Rai proprio in questi giorni e che lo vede protagonista)? Difficile dirlo.
Quello che filtra dagli ambienti vicini al presidente della Camera Fini e che rimbalza sulle agenzie è però di una tensione palpabile nei confronti dell’attore e di un rapporto fiduciario messo a dura prova. Barbareschi avrebbe chiesto la presidenza della commissione Cultura di quell’Assemblea, ma Fini gliela avrebbe negata, spiegandogli di “non potergli affidare, in questa fase, nessuna responsabilita”. Di fronte alle rimostranze di Barbareschi, Fini avrebbe sbottato: “Ci sono attori e pagliacci. I pagliacci non fanno sempre ridere”. Affermazioni pesanti che accompagnano anche le considerazioni di Fabio Granata riportate dal Fatto Quotidiano, che prima lo assolve e poi lo attacca: “Barbareschi si è sbagliato e poi spontaneamente e andato ai banchi della presidenza per verbalizzare il suo voto contrario come il resto del gruppo” ma aggiunge “in questi giorni tristi per la Repubblica, l’unica cosa divertente è la strategia di comunicazione di Barbareschi, che non è nei binari di una mente normale. Per me ci sta prendendo tutti in giro”.
Lui non ci sta e ribatte: “Io astenuto? Ma no, ho votato con il Fli e ho votato Sì alla perquisizione. C’è stato solo un disguido tecnico, controllate i resoconti stenografici”. Un disguido che – dopo le dichiarazioni rilasciate prima del voto proprio a Il Fatto Quotidiano – suona ancora più strano e sicuramente poco utile a chiarire la situazione politica dell’attore.