Alla fine, l’assemblea è stata sospesa. Sono state approvate le nuove regole che rimuovono l’automatismo tra segretario e candidato alla presidenza del Consiglio, con 378 sì, 74 no e 24 astenuti. Tuttavia, benché il documento abbia ricevuto l’ok in forma di raccomandazione, non si è raggiunto il quorum necessario per cambiare lo statuto. Quindi, per ora, ci sono nuove regole ma il vecchio statuto. Un paradosso derivante dalla contrarietà dei bindiani, dei veltroniani e di Pippo Civati. In ogni caso, l’8 dicembre sarà celebrato il congresso in cui sarà eletto il segretario. Il 27 settembre, invece, la direzione nazionale approverà il nuovo regolamento. Il nodo decisivo sarà la possibilità per il nuovo segretario del Pd di candidarsi alla premiership della coalizione. Per il momento, l’interpretazione prevalente vuole che il segretario possa candidarsi, ma che questo non sia automatico. L’11 ottobre, infine, è il termine ultimo per presentare le candidature. Nel corso della riunione dei vertici del partito, l’intervento che ha avuto maggior risalto, come era prevedibile, è stato quello di Matteo Renzi. «In questi 20 anni abbiamo governato anche noi, ci siamo stati anche noi e non siamo stati capaci di interpretare la richiesta di cambiamento», ha dichiarato il sindaco di Firenze, esprimendo il desiderio di essere in grado di rendere il Pd un partito in grado di governare da solo. Procedendo nell’autocritica, ha fatto presente che è velleitario continuare a definirsi partito dei lavoratori. Gli operai, infatti – ha confessato il rottamatore – non votano più per il Pd. Addirittura, tra gli operati e i lavoratori dipendenti, il Pd è il terzo partito. Poi, immancabilmente, ha riservato una dura stoccata al premier Enrico Letta. L’ha presa alla larga, facendo presente che l’Imu è un giochetto nel quale il centrosinistra è caduto. «In politica non c’è mai uno che dica che la colpa è sua. Anche ieri il presidente del Consiglio, ha spiegato che si è sforato il limite del 3% per colpa dell’instabilità politica». In conclusione, ha denunciato come non sia accettabile che in 20 anni lo scostamento tra quanto è stato promesso in campagna elettorale e quanto fatto al governo sia stato così grande. Le stoccate a Renzi, invece, le ha lanciate il viceministro dell’Economia, Stefano Fassina, affermando che c’è chi fatica al governo e chi fa campagne elettorali. Anche Franco Marini è intervenuto all’assise democratica, annunciando il suo sostegno a Gianni Cuperlo.