In questi giorni, in cui le forze politiche stanno negoziando le presidenze delle Camere (che riaprono i battenti il 23 marzo) – premessa per un’eventuale trattativa per la formazione del Governo – è in corso una piccola polemica su chi ha competenza per la preparazione del prossimo Def. Andiamo con ordine, perché Def è una sigla relativamente nuova nella galassia degli acronimi, entrata in uso quando, nell’ambito delle istituzioni europee, venne definito il “semestre europeo”, ossia un calendario coordinato per la preparazione dei documenti e delle leggi di bilancio al fine di consentirne un esame armonizzato da parte della Commissione europea e del Consiglio dei ministri economici e finanziari, e porre un piccolo mattone verso una politica europea di finanza pubblica armonizzata (o quasi). È utile precisare che il “semestre europeo”, creato con grande pompa dal Consiglio europeo (ossia l’organo più alto dell’Unione europea, composto dai Capi di Stato e di Governo degli Stati membri) nel settembre 2010, è di fatto “nato morto”, in quanto travolto dalla crisi finanziaria e dei debiti sovrani.
In breve, secondo le regole europee “di buona condotta”, il Def, quale regolato dalla legge 7 aprile 2011 n. 39, deve essere presentato alle Camere entro il 10 aprile di ogni anno. È considerato il principale strumento della programmazione economico-finanziaria e indica la strategia economica e di finanza pubblica nel medio termine. Viene proposto dal Governo e approvato dal Parlamento con un’apposita “risoluzione”. Il Def si compone di tre sezioni: a) programma di stabilità, con gli obiettivi da conseguire per accelerare la riduzione del debito pubblico; b) analisi e tendenze della finanza pubblica, con l’analisi del conto economico e del conto di cassa nell’anno precedente, le previsioni tendenziali del saldo di cassa del settore statale e le indicazioni sulle coperture; c) programma nazionale di riforma (Pnr), con l’indicazione dello stato di avanzamento delle riforme avviate, degli squilibri macroeconomici nazionali e dei fattori di natura macroeconomica che incidono sulla competitività, le priorità del Paese e le principali riforme da attuare. Attenzione, né la decisione del Consiglio europeo del settembre 2010, né la legge italiana dell’aprile successivo prevedono sanzioni in caso non si osservi il calendario indicato. Quindi, ci si può aspettare al massimo un rimbrotto per avere mancato di bon ton.
Il ministro dell’Economia e delle Finanze, Pier Carlo Padoan, ha, in un primo momento, affermato che avrebbe rimesso la preparazione del Def al Governo che si sarebbe formato nelle prossime settimane. Tuttavia, da Bruxelles, dov’era per una sessione del Consiglio dei ministri economici e finanziari, ha dichiarato che avrebbe presentato nei termini l’analisi del conto economico e del conto di cassa nel 2017, le previsioni tendenziali del saldo di cassa del settore statale e le indicazioni sulle coperture. Ossia la seconda parte del documento. Ciò allo scopo di documentare che il Governo Gentiloni ha lasciato i conti in ordine. Le parti di strategia di politica economica sarebbero state compito del prossimo esecutivo. Nel rispetto del “garbo istituzionale”.
Ciò comporta seri problemi. Se le Presidenze delle Camere ricevono un documento (anche se è solamente un Def incompleto), correttezza vuole che venga inviato alle assemblee per la discussione e la formulazione, se i parlamentari ritengono, di un’apposita risoluzione. Tale risoluzione potrebbe essere non di “approvazione” o “rigetto”, ma di indicazioni sostanziali sulle parti mancanti (programma di stabilità, programma nazionale di riforma). Il documento non potrebbe non essere inviato a Bruxelles a corredo della parte già spedita. Ne risulterebbe un vero e proprio caos specialmente se (come da aspettarsi) la “risoluzione” fornisce indicazioni di politiche e di misure (pensiamo alla Legge Fornero) diametralmente opposte a quelle dei Governi Renzi e Gentiloni. Il caos non sarebbe solo nei rapporti dell’Unione europea, ma anche istituzionale in quanto il Def è di chiara responsabilità e competenza del Governo che il Parlamento deve discutere, approvare e respingere e, se del caso, commentare con una sua “risoluzione”, ma non emendare.
Quindi, la soluzione migliore sarebbe quella di ritardare la stesura e la presentazione del Def sino quando non ci sia un Governo espressione dei risultati delle recenti elezioni.