In pochi lo hanno sottolineato, ma quando Berlusconi oggi ha detto che rifarebbe il Patto del Nazareno con Matteo Renzi ha anche aggiunto che «il segretario dem è stato bravo a rompere con l’ideologia comunista del passato, gli faccio i complimenti». Sarà anche per questo che le parti della sinistra dem, da LeU fino alle minoranza interne al Partito (Michele Emiliano su tutte) stanno da settimane rimbalzando sulla sedia nel timore che realmente Renzi prenda la strada di Berlusconi dopo le Elezioni piuttosto che stringere accordi con LeU o peggio con il Movimento 5 Stelle. Di certo le acque sono piuttosto agitate, come certifica la diretta replica che il ministro Martina (e vicepresidente Pd) rivolge tanto a Laura Boldrini quanto, indirettamente, al Governatore Puglia. «Vorrei dire a Laura Boldrini che i fatti sono più chiari delle parole. Chi divide il centrosinistra aiuta la destra nei collegi territoriali e purtroppo Leu ha scelto questa via, aiutando nei fatti Forza Italia e Lega contro il centrosinistra unito che in ogni realtà si batte per vincere su Berlusconi, Salvini e Di Maio». Clicca qui per vedere i dati in tempo reale delle elezioni politiche 2018 e delle elezioni regionali 2018
BERLUSCONI, “RIFAREI PATTO NAZARENO CON RENZI”
Emiliano fa capire la linea ufficiale della minoranza Pd qualora Renzi fallisca le prossime Elezioni: Berlusconi, d’altro canto, fa capire invece la sua di “ipotesi” qualora il Centrodestra non ottenesse la maggioranza assoluta. «Rifarei anche io il Nazareno, era un accordo di collaborazione – afferma il Cavaliere a Rai News24 -. Ma l’accordo è saltato dopo che Renzi ha cambiato idea 17 volte, e poi quando ci siamo trovato alla presidenza della Repubblica un candidato che non era quello stabilito. A quel punto abbiamo capito che non si poteva andare avanti con chi non mantiene accordi». Lancia il sasso e nasconde subito la mano, ma resta la disposizione quantomeno non all’odio demonizzato contro il nemico (come invece avviene senza problemi tra Centrodestra e M5s e viceversa): ha anche detto che qualora la Lega Nord prendesse più voti di Forza Italia non farebbe altri accordi ma rimarrebbe fedele alla coalizione; di certo però, la tentazione di un governo di Larghe Intese con il Pd renziano resta intatta, anche se non espressa. Il problema sarebbe a quel punto convincere la base dem di un accordo del genere: la “sparata” di Emiliano oggi fa già capire dove potrebbero sorgere problemi in casa Nazareno qualora Renzi non vincesse le Elezioni.
GRASSO, “NOI VOGLIAMO I VOTI DI M5S”
La querelle pre-Elezioni nel centrosinistra continua e prosegue, con un solo vero “tema di fondo” che abbraccia di fatto tutto l’arco istituzionale. Non essendoci la maggioranza, tutti i partiti ipotizzano e trattano la vicenda delle “larghe intese” in modo da non rimanere impreparati e “sprovvisti” di scenari qualora si dovesse profilare l’esatta previsione della vigilia sul voto. Di certo dopo lo scontro Emiliano-Renzi e l’appoggio richiesto al M5s, ci saranno repliche e grosse prese di posizione nella maggioranza renziana del Partito, non esattamente il miglior spot a dieci giorni dalle Elezioni. Interviene a latere dalla lite interna al centrosinistra il presidente del Senato Pietro Grasso, che con LeU vuole rubare più voti possibili tanto al Pd quanto al M5s: «Noi abbiamo la presunzione di potere far si’ che tutti gli elettori del M5s, che sono di sinistra, possano tornare alla casa madre, perché il Movimento ha delle aperture più verso destra». A domanda precisa poi sulla possibile alleanza M5s-LeU, Grasso precisa «Diciamo che noi vorremmo recuperare gli elettori di sinistra dei Cinquestelle».
CALENDA, “COSA C’ENTRA EMILIANO COL PD?”
Le parole di Michele Emiliano hanno scosso l’intero centrosinistra dopo che per la prima volta un esponente del Pd, seppur della minoranza anti-renziana, ha prospettato un intesa di “larghe intese” non tra Forza Italia e dem come tutti pensano e “vociferano”, bensì tra gli odiati rivali M5s e proprio Partito Democratico. La stragrande maggioranza del Nazareno è rimasto shoccato dalle parole del Governatore Puglia ma finora è solo il Ministro Calenda ad aver esternato – anche perché lui non è ufficialmente iscritto al Pd – tutta la distanza tra la campagna elettorale Pd e le teorie di Emiliano. Tra i due tra l’altro non scorre per nulla buon sangue, tra caso Ilva e Tap che negli ultimi mesi hanno visto uno scollamento deciso tra la base dem e la Regione Puglia. «Ma ogni volta che vedo una dichiarazione di Michele Emiliano la determinazione vacilla. Non comprendo cosa c’entri con il Pd», ribadisce il Ministro dello Sviluppo Economico contro la teoria secondo cui il Pd debba uscire al più presto dal renzismo ed eventualmente appoggiare il governo M5s, «sempre meglio del patto con Berlusconi», precisava Emiliano nel suo intervento a TeleNorba.
EMILIANO ATTACCA RENZI: “SOSTENERE GOVERNO M5S”
Da Telenorba arriva un colpo inatteso per la tempistica ma non propriamente lontano dalla realtà dei fatti di questi ultimi mesi in casa Pd: ad una settimana ormai dalle Elezioni, il leader della minoranza Pd Michele Emiliano spara forte contro il suo segretario arrivando a proporre un’alleanza con i Cinque Stelle qualora il M5s vincesse le elezioni. Di fatto la stessa idea che aveva (e ha) Bersani quando stava nel Pd e ad inizio della scorsa Legislatura tentò con il famoso “streaming” un accordo insperato con Beppe Grillo. «La priorità assoluta è far uscire il Pd dal renzismo», accusa il presidente della Puglia nella tv locale Telenorba; «se il Pd perderà le elezioni, tutto ciò che fino ad oggi in qualche modo è stato perdonato al segretario del Partito Democratico dovrà trovare una sintesi politica diversa. Per essere più chiari: non è che possiamo andare avanti così». Insomma, Renzi avrebbe dovuto farsi da parte (e non partecipare alle Primarie, dove invece stracciò proprio Emiliano, ndr) e non l’ha fatto e ora il Pd dovrà cercare, sempre secondo Emiliano, di far fuori il suo proprio segretario. «Meglio Gentiloni, prenderemmo più voti ad oggi», spiega Emiliano prima di attaccare definitivamente il segretario fiorentino; «Se il presidente Mattarella dovesse dare l’incarico a Di Maio, io farò ogni sforzo perché il Pd sostenga il M5s nella formazione del governo». Il ministro Calenda, esterrefatto, gli replica su Twitter: «Sostengo appassionatamente la coalizione di centro sinistra andando in giro a spiegare che abbiamo bisogno di una classe dirigente seria. Ma ogni volta che vedo una dichiarazione di Michele Emiliano la determinazione vacilla. Non comprendo cosa c’entri con il Pd». In effetti, non ha tutti i torti…
Sostengo appassionatamente la coalizione di centro sinistra andando in giro a spiegare che abbiamo bisogno di una classe dirigente seria. Ma ogni volta che vedo una dichiarazione di @micheleemiliano la determinazione vacilla. Non comprendo cosa c’entri con il @pdnetwork https://t.co/rTS1DMh3Se
— Carlo Calenda (@CarloCalenda) 23 febbraio 2018
BOLDRINI, “INTESA SOSPETTA PD-FORZA ITALIA”
Nella quotidiana intervista politica pre-Elezioni a Circo Massimo su Radio Capital, Massimo Giannini ha rivolto numerose domande a Laura Boldrini, presidente della Camera e tra i volti più rappresentativi di Liberi e Uguali. Prosegue la sua personale battaglia sull’emergenza fascismo che secondo lei è l’elemento più grave ed emergenziale nell’Italia di oggi, ma lancia anche il monito sul “voto utile”, replicando a Renzi che da giorni va sostenendo che un voto per LeU sarà un voto per Salvini, per via della complessità della legge elettorale con i collegi uninominali (Es. elettore di sinistra che vota LeU toglie un voto al Pd, ovvero toglie un potenziale voto per gareggiare contro il Centroedestra, dunque favorendo la corazzata Salvini-Berlusconi). «Ci sono guanti bianchi tra Renzi e Berlusconi, il che fa pensare male. Pd e FI non si sfiorano neanche nel dibattito pubblico, ai maligni fa pensare che ci sia già un’alleanza. Ci fa pensare che questo voto utile di cui parla il Pd sia per un’alleanza tra Renzi e Berlusconi. Mi sembra che in questa campagna elettorale ci siano delle prove tecniche in atto, come quando Lorenzin e Bonino parlino di larghe intese», spiega la Presidente della Camera. Di tutt’altra natura invece l’ultima promessa sul programma M5s fatta da Luigi Di Maio: «nella squadra di governo ci saranno donne nei ministeri chiave». Tra quelli nuovi previsti ci sarebbe anche il Ministero della Meritocrazia e quello per i Bambini: verranno confermati, con tanto di nomi già scelti, il prossimo 2 marzo a Roma in occasione della chiusura della campagna elettorale prima delle Elezioni.
CAMPAGNA ELETTORALE, IL DIARIO: JUNCKER BOCCIA, LA POVERTÀ SPAVENTA
Il clima da campagna Elezioni 2018 ormai, ad una settimana dal voto, si fa quasi completamente irrespirabile: passata la due giorni-terribile di aggressioni sul fronte fascismo-antifascismo (leggere le “motivazioni” degli squadristi antagonisti di sinistra contro il militante di Forza Nuova non è poi cosi lontano dall’orrore aggressivo dei neofascisti, ndr) la giornata di ieri si è svolta da un lato sulla consueta, ormai quasi stucchevole, diatriba-divorzio Berlusconi-Veronica Lario. “Non li voglio i soldi degli assegni che mi spettano, li può tenere”, diceva Berlu a Otto e mezzo, con la smentita secca dell’ex moglie “non è vero, non me l’ha mai chiesto e anzi li rivuole indietro”: vicenda interessante e utile per la campagna elettorale tanto quanto comprare le infradito a gennaio. Seconda parte della giornata elettorale invece dominata dalle parole non esattamente “tenere” del Presidente della Commissione Ue Jean Claude Juncker che, testuale, sostiene «Dobbiamo prepararci allo scenario peggiore, cioè un Governo non operativo in Italia. Assieme all’incertezza in Spagna, é possibile una forte reazione dei mercati nella seconda metà di marzo, ci prepariamo a questo scenario». Poi fa marcia indietro e ritratta, ma ormai il danno è fatto. In tutto questo, è passata quasi inosservata l’interessante inchiesta condotta da Milena Gabanelli sul Corriere della Sera sui parametri della povertà in Italia e sulle proposte (quasi tutte senza coperture effettive) dei partiti impegnati nella campagna elettorale. Eppure da lì e dalle misure su famiglia e lavoro tutti dovranno cimentarsi: è quello il vero bisogno dell’Italia, non il divorzio di Berlusconi o i “timori” di un board centralista e tecnocratico della peggior parte d’Europa. Siamo populisti a dire così? Ai posteri (e agli elettori) l’ardua sentenza..