Questa volta non è stata la major Standard & Poor’s, ma Fitch: la più piccola delle tre agenzie globali di rating. E nel mirino non è finito – come ai inizio estate 2011 – il merito di credito della Repubblica italiana, ma un singolo evento: l’accordo fra Ue e ministero dell’Economia italiano sulle garanzie pubbliche agli eventuali veicoli di cartolarizzazione dei crediti difficili delle banche italiane. Fitch – con una breve nota ieri in apertura della giornata di Borsa – ha espresso un sostanziale scetticismo sulla reale utilità del progetto di bad bank per lo smaltimento di 200 miliardi di sofferenze che gravano sul sistema creditizio italiano.
Ma tanto è bastato per provocare un’altra valanga di vendite sui titoli del settore, nessuno risparmiato: il pericolante Mps (di nuovo nella tempesta) e Intesa Sanpaolo, considerata di questi tempi la più solida banca italiana; il capofila UniCredit – che ieri ha toccato i suoi minimi da un anno, quasi dimezzando il valore rispetto ai massimi; le Popolari in corteggiamento incrociato (Bpm, Ubi, Banco Popolare). Sospensioni a raffica, perdite finali fra il 5 e il 10 per cento. E tutto questo appena una settimana dopo che Mario Draghi aveva gettato sul tavolo Bce una parte della sua credibilità per frenare il panico attorno alle banche italiane.
Lo stesso premier Matteo Renzi deve aver subodorato qualcosa – o è stato informato da qualcuno, magari da Londra – se l’altra sera ha cancellato in fretta e furia l’agenda bancaria del Consiglio dei ministri di ieri. Un passo che era stato lungamente annunciato e avrebbe dovuto segnare “la Svolta” renziana in campo bancario: a partire dall’attesissima riforma del Credito cooperativo. Ma già mercoledì il rischio di una nuova doccia gelida dei mercati era palpabile e avrebbe certamente rovinato un’eventuale conferenza stampa: che si profilava delicata anche dopo le mozioni di sfiducia respinte al Senato sul caso Banca Etruria. La sfiducia di MS5 sul presunto conflitto d’interesse del premier e del ministro Boschi è stata respinta, quella dei mercati sul sostanziale insuccesso politico della missione del ministro Padoan a Bruxelles invece ha colpito durissimo.
La “mossa del cavallo” di Renzi ha avuto d’altronde motivazioni più strutturali. Una vera “Svolta” sullo scacchiere bancario non può prescindere dall’annuncio di un’importante operazione di consolidamento, anzi: dalla messa in sicurezza di Mps, un focolaio di crisi perennemente acceso, che l’intero sistema-Italia non si può più permettere. Un’emergenza che comincia a mostrare qualche sintomo di deflusso di depositi. Un’emergenza, quindi, che sia Draghi che Renzi vogliono risolvere in fretta e che il governo sembra anzi aver deciso di risolvere direttamente: aprendo una situation room al Tesoro, a costo di marginalizzare un po’ la Banca d’Italia.
Nella sostanza, a ventiquattr’ore dall’inedita convocazione dei vertici di Bpm e Ubi in via XX settembre, l’ipotesi di un’aggregazione a tre Ubi-Bpm-Mps sembra in stallo, anche se ha con tutta evidenza la sponsorizzazione della Bce. Certamente – e questo è un fatto nuovo – il Banco Popolare (candidato a una fusione teoricamente “alla pari” con Bpm) sembra in via di veloce declassamento al rango di gruppo “da salvare”, anche se non ai livelli d’emergenza di Siena. Se n’è avuta conferma inequivocabile in un duro articolo firmato sul Corriere della Sera da Federico Fubini, sempre molto informato sugli umori dell’Eurotower e di Draghi. Se il piano Bpm-Banco potrebbe comunque trovare perfezionamento (anche se in chiave di “salvataggio”), l’intervento della sola Ubi a Siena continua a sembrare problematico. Nel frattempo sembra acuirsi il “male oscuro” di UniCredit (un mix di sofferenze dell’attivo, reputazione calante, management non apprezzato dai mercati). E le due Popolari del Nordest (Vicenza e Veneto) devono ancora raccogliere due miliardi e mezzo di nuovi capitali. Il Fondo di risoluzione sta cercando infine di accelerare la vendita di Banca Etruria, Banca Marche, Carife e Carichieti.
Fra ventiquattr’ore il governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, parlerà pubblicamente ai banchieri riuniti, al convegno Forex. In un mondo “non normale” come quello che le banche italiane vigilate stanno vivendo al centro dell’Azienda-Italia, Visco dovrebbe avvertire brevemente ma perentoriamente che se le aggregazioni-stabilizzazioni non maturassero ad horas scatterebbero commissariamenti a raffica. Poi avvertirebbe che il tradizionale pranzo è cancellato e che il pomeriggio sarebbe dedicato a briefing operativi con i presidenti e gli amministratori delegati presenti. Tema unico: le fusioni da deliberare nei rispettivi consigli già lunedì. Meglio ancora domenica.