Davide Boni, presidente del Consiglio regionale della Lombardia, è indagato per corruzione insieme al capo della segreteria Dario Ghezzi e a Luigi Zunino, immobiliarista ed ex presidente e Ad del gruppo Risanamento. Un’indagine delle tante che riguardano il mondo politico, si dirà. Non fosse per il fatto che ad essere coinvolto, questa volta, è un esponente leghista; partito, per definizione (al di là di dell’impressione che possa aver dato negli ultimi anni) giustizialista e manettaro. Che, di recente, per convincere Berlusconi a far cadere Monti, aveva usato una particolare strategia di ricatto: minacciando, cioè, di far cadere la giunta lombarda e giustificando il gesto con il fatto che molti suoi esponenti fossero stati oggetto di un avviso di garanzia. «Non ho mai capito perché la Lega odia a tal punto Monti e sprechi le sue energie in tal senso invece che a convincerlo dell’utilità del federalismo», afferma, contattato da IlSussidiario.net Giancarlo Pagliarini un tempo ministro del Bilancio in quota Lega. «Monti – continua – avrà anche tutti i difetti di questo mondo. Ma è meglio di Berlusconi e dei vari D’Alema e Prodi che lo hanno preceduto».
Il ragionamento è semplice: «Il primo, infatti, sarà anche molto centralista, ma lo sono anche gli altri tre. Questi, tuttavia, oltre ad esser tali, si dicevano federalisti, il che non era vero; oltretutto, se il Paese è giunto sull’orlo del baratro, è colpa loro. Altrimenti non sarebbe stato necessario chiamare Monti». Insomma: «l’antagonismo a oltranza nei confronti di Monti sortisce come unico risultato quello di far sembrare la Lega alla caccia disperata di qualche voto». Tornando a Boni: «Per la Lega – dice Pagliarini -, il fatto che uno dei suoi sia indagato, non cambia assolutamente nulla; benché figuri tra i principali esponenti del partito lombardo. Se, per ipotesi, si dovesse effettivamente rivelare colpevole dei reati contestati, la Lega si limiterà a scaricarlo. Affermerà, come hanno sempre fatto tutti i partiti, che rappresenta semplicemente una sorta di mela marcia, ma che non ha nulla a che fare con il resto del partito. Si dichiareranno, insomma, puliti». Cambierà ben poco, secondo Boni, anche dal punto di vista dei rapporti interni. La risoluzione dei conti tra fedeli di Bossi e quelli di Maroni sembra ormai, solamente, questione di tempo. L’adesione di Boni a una delle due correnti rinforzerebbe, di fatto, l’altra. E, invece, nulla: «non mi risulta che Boni si sia mai schierato né con i cosiddetti maroniani né con i “cerchiomagicisti”».
Contestualmente, Angelino Alfano, intervistato da Chi, ha riconosciuto definitivamente la fine dell’alleanza del Pdl con il Carroccio, annunciando che alle amministrative non correranno insieme. «La posizione di Alfano mi meraviglia – dice Pagliarini -. Avrebbe fatto meglio a comprendere che la Lega è un partito sano, con tanta gente che crede ancora nei valori che ne hanno legittimato, un tempo, la nascita. Avrebbe potuto ipotizzare, ad esempio, che al di là delle sortite contro Monti, il Carroccio avrebbe potuto tornare sui binari della ragionevolezza».
Perché, allora, il segretario del Pdl ha rilasciato dichiarazioni del genere? «Mi sembra difficile pensare che l’abbia fatto per calcolo elettorale. La Lega ha pur sempre il suo zoccolo duro di elettori e se lo tiene ben stretto. Non mi sembra, in sostanza, una mossa furba. A meno che non gliel’abbia imposta dall’alto Berlusconi con un ragionamento del tipo: “la Lega, in questo periodo, mi sta provocando parecchi disturbi: rispondigli per le rime”». Va pur sempre tenuta presente una grande verità: «Qualsiasi cosa Alfano abbia detto oggi, domani potrà tranquillamente smentirla. Affermando di esser stato frainteso, strumentalizzato, essersi espresso male e via dicendo. Così è la politica…». In quanto all’ipotesi che Monti, al termine della legislatura, resti al governo, il Senatur aveva detto ai cronisti: «Rischia la vita, perché il nord lo farà fuori». Rispetto all’episodio, Paglierini non ha dubbi: «Faceva meglio a star zitto. Come si fa a dire cose di questo genere? Voglio sperare che si sia trattato semplicemente del frutto della stanchezza».