Ieri sera Telecom Italia ha annunciato una joint venture con Canal plus, “per realizzare l’offerta di contenuti premium per accelerare lo sviluppo della connettività in fibra”. La Joint venture lancerà un’offerta commerciale di connettività in fibra unita a contenuti video premium. Canal plus è per la cronaca una società francese posseduta dal primo azionista francese di Telecom Italia Vivendi. Riguardo l’utilizzo della golden power minacciata dal governo italiano, Tim ha dichiarato di condividere le preoccupazioni del governo “fermi restando gli interessi aziendali”. Una precisazione che non promette benissimo, considerato che niente è più importante dal punto di vista competitivo ed economico in Telecom Italia della rete; tutto il resto è una “commodity” replicabile, ma la rete no.
Le lamentele del governo italiano preoccupato per il destino della “sua” rete e le sue pressioni si concludono con l’annuncio di una joint venture con una società televisiva francese che oltretutto è controllata dal principale azionista di Telecom, Vivendi. L’opa “francese” su Telecom che non è mai arrivata, a dispetto del mercato e nonostante l’evidente cambio di controllo, procede a passo spedito con umiliazioni a raffica per il governo italiano.
Indipendentemente dalla conclusione di questa vicenda non si può fare a meno di rilevare le anomalie dei rapporti tra il governo italiano e l’ex monopolista telefonico. Il punto di partenza di qualsiasi riflessione è che Tim è oggettivamente strategica per l’Italia; la rete telefonica è sicuramente un elemento decisivo per la competitività economica del Paese e poi c’è l’aspetto “geo-politico” di un’infrastruttura su cui passano informazioni molto sensibili e che deve rimanere sicura.
Il governo italiano, come qualsiasi altro, ha ogni ragione quando vuole assicurarsi che la proprietà e la gestione di un’azienda con queste caratteristiche sia funzionale alla crescita economica e della competitività e che non minacci la sua sovranità sostanziale. Infatti, nessun’altra azienda europea equiparabile è in una situazione simile e in nessun altro Paese europeo sovrano si sarebbe arrivati a questa situazione; anzi ci si sarebbe fermati molto prima.
Vivendi prima ha acquistato azioni assicurandosi un controllo di fatto, senza lanciare un’opa e condividere i benefici del cambio di controllo sul mercato, e poi ha mandato a casa il vecchio amministratore delegato per l’unica ragione di non essere espressione del nuovo assetto proprietario. Negli stessi mesi Vivendi si lanciava in un’operazione singolare su Mediaset stracciando un contratto già firmato e poi comprando azioni sul mercato fino a mettere in discussione la proprietà del primo operatore privato televisivo italiano. Oggi Vivendi, secondo i rumour, minaccia perfino un ricorso al Tar contro l’intenzione del governo italiano di usare la golden power.
In nessun altro Paese europeo sarebbe pensabile e immaginabile questo percorso. È fin troppo facile ripensare a quello per cui è dovuta passare Fincantieri negli ultimi mesi come esempio massimo di come si gestiscono certi dossier in Europa. Vivendi può comportarsi in questo modo perché ha alle sue spalle un sistema, quello francese, e davanti un governo, quello italiano, che viene ritenuto senza poteri sostanziali; una situazione che non è estranea all’attuale assetto europeo e ai suoi equilibri di potere.
Più passano i mesi, più gli eventi aziendali si susseguono, il cambio di ad e l’annuncio di una joint venture tra gli altri, più la scommessa di Vivendi contro il governo italiano diventa ragionevole e giusta. Non c’è limite a quello che Vivendi si può prendere senza che il governo italiano passi ai fatti. Mentre il governo italiano minaccia, Vivendi ha costruito una posizione di forza sostanziale sproporzionata. Questi sono i fatti incontestabili il resto, tendenzialmente quello che esce dal governo italiano, va bene per sporcare pagine di giornali e per dare l’impressione che esista un negoziato. Un negoziato che però in realtà non esiste perché ci vorrebbero due controparti e una, semplicemente, non c’è.