Certo, ci sono monetine e monetine. E ci sono i contesti, che cambiano. Mettiamoci pure gli anni che passano. E tuttavia. Tuttavia qualcosa di analogo, un certo che di sinistramente risentito, come una eco malvagia e iterante, s’avverte nella martellante campagna di stampa sull’affaire Noemi. I fischi al Cavaliere non sono, ovviamente, monetine. Non sono neppure lanci di scarpe, ma insomma. C’è da aggiungere che le monetine contro Craxi erano una sorta di punto d’arrivo di una lunga azione di demonizzazione nella quale, a differenza di oggi, la quasi maggioranza assoluta dei mass media aveva messo nel mirino il leader socialista. L’impossibilità a difendersi da quello che proprio da allora venne definito «circo mediatico giudiziario», non soltanto costrinse Craxi all’esilio, ma, insieme a lui, fu annientata un’intera classe dirigente.
Silvio Berlusconi può e sa difendersi, avendo gli strumenti di difesa e di accusa. Ed è probabile, ma non scontato, che la violenta campagna si risolva in un boomerang per chi l’ha iniziata. Il fatto è che, comunque, un segno lo lascerà non foss’altro perché la sua potenza di fuoco, ancorché inferiore a quella dei primi ’90, possiede un’altra micidiale arma contundente: la calunnia ad personam. Una freccia avvelenata il cui arciere sa sempre che, dove andrà a colpire, farà del male, in base al detto noto da secoli: calunniate, calunniate, qualcosa resterà.
In questa sede non interessa tanto o soltanto risalire all’origine, quanto, piuttosto, rilevare che c’è del metodo nell’aggressione antiberlusconiana. E’, a ben vedere, lo stesso metodo della stessa «casa madre mediatica» all’opera da decenni. Basta riflettere su determinati snodi storici del comparto politico-economico italiano, dall’eliminazione politica del Presidente della Repubblica Giovanni Leone alla P2, dal tentativo di impeachment di Cossiga su Gladio a Tangentopoli giù giù fino alle campagne antiberlusconiane post 1994 (che continuano) per scorgerne, a un tempo, le finalità di bottega affaristica e gli scopi politici.
La calunnia non solo «è un venticello» ma, man mano che si dispiega nella sua guerra alla persona, rivela il sottofondo giacobino sorretto dalla robusta ferocia moralistica di chi ha l’abitudine di impancarsi a distributore di patenti di etica anche là dove, come in questa vicenda post-Casoria e post-Veronica, sono assenti reati, gravi i lievi che essi siano.
La miscela infernale di gossip e maldicenze rivolte come capi d’accusa etico-politica ha infine una sua immanenza nella storia recente in quello che fu l’erede, ma in peggio, di Robespierre: Lenin. E’ infatti del leninismo la criminalizzazione dell’avversario politico, fino alla sua eliminazione, ed è sempre di Stalin, successore del compagno Vladimir Ilic, il perfezionamento della stessa, ma su vasta scala, e in nome di un principio superiore. In realtà , come Saint Just chiedeva la testa del Re perché era il Re, così oggi si chiedono le dimissioni del Premier perchè é Berlusconi.
Che dire? Che in politica una sola cosa conta davvero: non farsi trovare impreparati.