Nel suo ultimo bollettino mensile, la Banca centrale europea ci fa notare che lo spread tra Btp italiani e Bund tedeschi si è riavvicinato ai livelli di agosto, prima che la Bce decidesse di procedere all’acquisto dei titoli di stato di Roma sul mercato secondario. Un “favore” che l’Italia ha dovuto ricambiare facendosi dettare con una lettera di Trichet e Draghi i punti cardine di manovra e riforme strutturali da portare a termine.
Nel suo documento, l’Eurotower dice anche che i paesi dell’Eurozona “particolarmente vulnerabili” (immagino che Italia e Spagna debbano considerarsi tali) oltre ad attuare in modo inequivocabile tutti i provvedimenti annunciati per il riequilibrio dei conti pubblici, devono essere pronti ad “adottare eventuali misure aggiuntive”.
Come interpretare questo avvertimento che giunge in giorni che sono cruciali per la tenuta del governo italiano (in Spagna si sa già che si andrà a votare il 20 novembre e sembra scontata la vittoria dei Popolari)? Partiamo innanzitutto dal soggetto che li ha emessi, la Banca centrale europea. Il suo attuale Presidente, Jean-Claude Trichet, sta mostrando in queste ultime settimane un attivismo e una loquacità decisamente insolite per un governatore agli ultimi giorni di mandato. Un segno, molto probabilmente, che la situazione è realmente grave nell’Eurozona.
E qui veniamo al secondo punto, perché ormai le carte sulla crisi degli Stati e la crisi delle banche sembrano essersi mischiate. Lo ammette anche la Bce, spiegando che esiste una “interazione fra le questioni relative al rischio sovrano e il fabbisogno di finanziamento delle banche”. Dunque, se cedono gli Stati cedono anche le banche; e se la banche chiudono i rubinetti del credito, come arrivano i soldi all’economia reale? Ma vale anche il contrario: se l’economia reale non tira, le imprese non possono mantenere gli stessi livelli occupazionali (mandando in crisi le famiglie), non possono rimborsare i prestiti delle banche e le entrate dello Stato diminuiscono. L’equilibrio è quindi già di suo molto fragile. Ma aggiungiamoci anche che esistono ormai dei legami di interdipendenza tra le istituzioni finanziarie dei diversi paesi (specialmente a livello europeo), per cui, per esempio, una crisi dell’Italia porterebbe verso il baratro anche la Francia.
Ecco allora il perché di allarmi e cartellini gialli verso i paesi in difficoltà: una loro crisi mette a rischio anche le “formichine” dell’Eurozona. Il problema è che le raccomandazioni sembrano non sortire ovunque gli stessi effetti: infatti, quanto di quello richiesto dalla Bce ha fatto l’Italia? E se il governo cadrà come si farà a garantire che i provvedimenti annunciati per il riequilibro dei conti pubblici verranno attuati “in modo inequivocabile”? Chi, oltre a Tremonti, crede che il pareggio di bilancio sia più importante della crescita? E poi, perché deve essere una banca centrale a dettare la linea politica degli Stati membri? Qualcosa in Europa non funziona, ma ce ne si poteva accorgere anche 15 o 10 anni fa.