Renzi non farà “nessun passo indietro” se il Pd dovesse perdere. Ma questa volta Veltroni fa sul serio, commenta — da sinistra — Peppino Caldarola, ex direttore dell’Unità.
Renzi dice che rimarrà al suo posto comunque vada il voto.
Per forza, dire che se ne va sarebbe dichiararsi sconfitto prima della partita. Ma se perdesse in modo grave, con un consenso lontano dal 25 per cento e vicino al 20, a quel punto il tema del ritiro glielo porrebbero i suoi amici di partito.
Ne è sicuro?
Con il Pd al 20 per cento persino il più codardo porrebbe il problema della sostituzione.
Domenica Veltroni al teatro Eliseo di Roma ha respinto l’idea di fare il segretario. Il suo discorso però è andato in un altro senso.
Sì, perché ha citato Renzi solo per dire di essere d’accordo con lui che dopo il voto occorre sapere chi governa, ma per il resto ha fatto un elenco dei doveri e dei compiti del Pd del tutto opposti a quelli del Pd renziano. Non ha polemizzato con chi se n’è andato e ha detto che a sinistra il Pd è alternativo solo a se stesso.
Il messaggio qual è?
Noi del Pd siamo l’alternativa di noi stessi malgrado Renzi. E in quel “noi” c’è il fondatore del Partito democratico. Ovvero: dopo il Pd c’è solo il Pd che dico io, non quello che dici tu, caro Matteo, il Pd che rompe a sinistra e non fa accordi.
Un esponente del Pd importante come Franceschini con chi starebbe?
Con Veltroni, non c’è dubbio.
Anche un uomo di sinistra come Peppino Caldarola?
No, io ho fatto un’altra scelta. Nel 2007 lavoravo per la Costituente socialista e mi sembrò che il Pd di Walter fosse la soluzione al problema del socialismo italiano. Ma poi non fu così: il suo accordo elettorale con Di Pietro implicava un cambiamento di natura politica del nuovo soggetto.
Dove dovrebbe andare la sinistra?
Il mio sogno resta una forza di tipo socialista che adesso è di moda definire alla Corbyn o alla Sanders, io dico più semplicemente: alla Riccardo Lombardi.
Però anche lei conviene che il discorso di Veltroni è stato importante.
Quello che ha detto Walter rimane interessante perché toglie il Pd dalle secche del macronismo alla fiorentina e gli restituisce il sogno del partito all’americana.
Andiamo per un attimo ai risultati del 5 marzo.
Se il risultato del Pd fosse tragico, molti andrebbero da Veltroni a dirgli: Walter, salvaci tu, e magari torna dai fratelli separati… Resto dell’opinione che Renzi non avrà una seconda chance.
M5s sarà il primo partito?
Sì. E non sarà un voto di protesta: l’elettorato investe sul Movimento 5 stelle perché lo vuole al governo. Vale anche per il Mezzogiorno, dove M5s otterrà la maggioranza dei voti; quei voti, volenti o no, daranno a Di Maio un mandato preciso. Il mandato potrebbe essere eseguito bene o male, ma questo è un altro discorso.
Oggi Berlusconi è più forte o più debole rispetto al passato?
E’ più debole. La sua forza in passato è stata quella di riuscire a istituzionalizzare due forze politiche escluse dal sistema, prima il vecchio Msi e poi la Lega di Bossi. Ma oggi Berlusconi non è più in grado di trasformare la Lega di Salvini in qualcosa d’altro.
Insomma può solo sperare che gli elettori del centrodestra gli diano ancora il primato sulla Lega. Chi vincerà il referendum?
Lo vincerà Berlusconi, perché ho l’impressione che Salvini abbia già rastrellato tutto il consenso possibile. La maggioranza degli italiani sta con il centrodestra, ma non sono sicuro che voglia andare dove vuole Salvini.
E infatti Berlusconi è in coalizione con Meloni e Salvini ma confida in Renzi.
Sì perché il sogno di entrambi è di essere autosufficienti nella relazione comune. Solo che se lo dichiarassero, perderebbero voti. Da qui l’ostinazione sfacciata con cui respingono a parole ogni tipo di accordo post-voto.
Secondo lei qual è l’auspicio di Mattarella?
Quello di una situazione parlamentare che possa consentirgli di fare un governo con tutti, ma con un premier di sua assoluta fiducia. Può essere uno della vecchia guardia, come Giuliano Amato, o anche lo stesso Gentiloni. Certo se il Pd fosse sconfitto, Gentiloni avrebbe un handicap politico non da poco.
E se il 4 marzo vincesse M5s?
A differenza di Napolitano, Mattarella non farebbe una battaglia frontale contro i 5 Stelle. E’ un presidente molto politico, ma non interventista sulla realtà; da buon democristiano, preferisce l’inclusione allo scontro.
Inclusione in questo caso cosa vorrebbe dire?
Ricondurre al buon senso politico un leader giovane, così antisistema da essere già incravattato e pronto per l’incarico. Una strategia che potrebbe indurre anche altre forze a dare l’appoggio.
A quali condizioni?
Un governo breve. Non credo a un governo di lunga durata nemmeno nell’ipotesi di una vittoria della coalizione di centrodestra. Sorgerebbero conflitti tali da portarlo subito alla crisi.
Nemmeno un Renzusconi avrebbe le carte per fare un governo di legislatura?
No, esisterà solo un governo di scopo di sei mesi o un anno.
(Federico Ferraù)