Secondo il Financial Times, il Fondo strategico italiano sarebbe favorito per l’acquisto di una partecipazione di minoranza del 20% in Versace. I dettagli dell’operazione non sono chiarissimi, ma l’ingresso del Fsi, probabilmente attraverso un aumento di capitale, servirebbe a dotare la società delle risorse necessarie per finanziare l’espansione internazionale. Secondo il Financial Times, la società di lusso italiana verrebbe valutata circa 850 milioni di euro e quindi la quota del 20% costerebbe circa 170 milioni; nei prossimi tre anni sarebbe poi prevista la possibilità di quotare l’azienda.
Sulla vicenda, i cui rumours ritornano da diversi mesi, ci sono almeno due angoli di lettura. Il primo, meno interessante, è quello strettamente economico e finanziario; in estrema sintesi, la valutazione e l’analisi vertono sull’effettiva convenienza a comprare Versace per quel prezzo in questo momento. Da questo punto di vista, l’identità e le caratteristiche del soggetto compratore sono secondarie. All’atto dell’acquisto verrà fissato un prezzo e si avranno come riferimento certi risultati economici; nei prossimi mesi o anni si potrà valutare la bontà dell’operazione verificando il miglioramento o peggioramento dei risultati economici o, nel caso di vendita magari attraverso quotazione, si vedrà se il prezzo di cessione sarà, e di quanto, superiore a quello d’acquisto.
Ma è chiaro che la questione più importante è sull’identità del soggetto che, almeno secondo il Financial Times, potrebbe essere protagonista di questa operazione. Non è innanzitutto chiaro quanto sia forte la concorrenza per accaparrarsi questa quota e affiancare la famiglia Versace nello sviluppo dell’azienda, ma soprattutto non è chiaro perché proprio il Fondo strategico debba assumersi questo onere-onore. Non si tratta di assumere una posizione contraria in quanto tale all’intervento dello Stato in economia. Perfino gli americani, nella persona di Obama, che di tutto possono essere accusati tranne che di essere un pericoloso esempio di socialismo reale sono intervenuti nella battaglia tra Samsung e Apple per tutelare l’azienda americana. In una fase in cui però si valutano la quotazione di Fincantieri, le dismissioni di quote in Eni ed Enel e in cui alcune controllate di Finmeccanica passano di mano occorre chiedersi quale sia, se ci sia, il principio che deve ispirare l’azione del Fsi, altrimenti non si capisce perchè si può comprare Versace e vendere, per esempio, Eni o Ansaldo Energia.
Versace non sembra avere caratteristiche di “strategicità”, non sembra essere un’azienda che pone il sistema-Paese alla frontiera di un particolare settore tecnologico e infine non sembra nemmeno essere in discussione il controllo della società, dato che si tratta di una partecipazione di minoranza. Perchè Versace sì e Indesit, per esempio (mettete il nome di qualsiasi altra azienda industriale in ristrutturazione al posto di Indesit), che sta per chiudere gli stabilimenti no? Se il discrimine è solo economico e l’intervento in Versace, in una fase in cui l’offerta di Moncler viene coperta 12 (dodici) volte e i multipli del lusso girano a valori stellari, è dettato da una valutazione sulle potenzialità di guadagno allora bisognerebbe esplicitare assunzioni, piani industriali e attese di guadagno. Se si ritiene che l’intervento del Fondo stragico sia, per i motivi più svariati, particolarmente qualificante per le distintive competenze nel lusso allora, allo stesso modo, bisognerebbe dichiararlo. Altrimenti non si capisce se è una operazione di private equity e basta, ma allora bisognerebbe farlo fare al “mercato”, oppure qualcosa d’altro.
Non si è capito chi, come e perchè avrebbe deciso che il lusso è strategico, dopo la vendita di Bulgari e Loro Piana. In una fase di pauroso restringimento del credito in cui il sistema bancario fa fatica a erogare e in cui il sistema industriale italiano è oggettivamente sottoposto a una concorrenza incredibile da parte degli stranieri l’idea di salvaguardare un patrimonio tecnologico e strategico non sembra particolarmente balzana. L’operazione in Versace in questo contesto sembra davvero singolare. Il problema, chiaramente, non è Versace in quanto tale, ma l’azione del Fondo strategico. Tra i panettoni o le borsette di Stato e la privatizzazione di Eni ci sono, come noto, infinite vie di mezzo; lo Stato potrebbe e dovrebbe intervenire quando non ci sono alternative valide e i rischi per il sistema economico e industriale, per esempio di perdita di tecnologia o indipendenza energetica, sono concreti.
Si potrebbe essere anche più aperti e includere, magari, il lusso, perchè made in Italy per eccellenza, ma bisognerebbe chiarire senza dubbi a che condizioni e in osservanza a quali principi, altrimenti si genera una gran confusione sui “mercati”, tra gli investitori, oltre che nei poveri contribuenti.