Ieri sera in un colloquio ufficiale telefonico, qualche ora dopo l’annuncio storico dell’avvio di Brexit del Regno Unito dall’Unione Europea, il premier Theresa May si è sentita con l’omologo italiano Paolo Gentiloni. A tema ovviamente il destino immediato dei cittadini italiani, e sono parecchi, che vivono tra Londra e l’intera Gran Bretagna; la firmataria storica della lettera di uscita dall’Europa ha sottolineato l’intenzione di avviare questa fase negoziale con un atteggiamento di cooperazione e di «mirare, innanzitutto, al mutuo riconoscimento dei diritti dei cittadini UE nel Regno Unito e del Regno Unito in UE». Come riporta LaPresse invece il premier italiano ha ribadito che i due Paesi restano paesi amici e alleati, «ricordando che le linee guida dell’atteggiamento negoziale UE saranno definite al Consiglio europeo del prossimo 29 aprile». Nel pomeriggio un altro colloquio telefonico, questa volta tra i Ministri degli Esteri di Italia e Regno Unito, aveva definito i primi provvedimenti per i cittadini italiani che vivono e lavorano oltre Manica; «Ho avuto dal collega Boris Johnson l’assicurazione che gli italiani residenti in Gran Bretagna non avranno nulla da temere sul tema dei diritti e di permanenza», ha commentato Angelino Alfano. Secondo il nostro ministro degli Esteri, «si lavora per rendere l’Italia sempre più attraente per gli investimenti esteri, per noi la Brexit può essere anche un’opportunità». ‘Leggermente’ più duro il presidente del Consiglio Europeo, Jean Claude Junker, che con la Brexit non ha decisamente teso la mano agli ex amici inglesi, «Questo è un giorno triste perché i britannici hanno deciso per iscritto di lasciare l’Unione europea, una scelta che rimpiangeranno un giorno. Ma mi sento bene stasera perché abbiamo parlato del nostro futuro».
Mentre il mondo ha ricevuto oggi la notizia ufficiale della Brexit avviata dalla lettera di Theresa May, la replica dell’Europa è piccata con tutti i leader europei che hanno salutato l’evento come poco piacevole e in cui ci rimetteranno tutti, “ma soprattutto Londra” ripetono in coro Hollande e Angela Merkel. Un altra voce invece che guarda alla Brexit come qualcosa di assolutamente malsano è quella Scozia che ha richiesto ufficialmente a Londra di poter negoziare un nuovo referendum sull’indipendenza, ricevendo un secco “no” dalla premier Uk. «Sulla Brexit non siamo un Regno Unito», hanno avanzato con un brillante gioco di parole gli indipendentisti scozzesi capitanati dal capogruppo ad Edimburgo, Angus Robertson. La tesi centrale degli scozzesi è chiaro: lo scorso 23 giugno «due nazioni hanno votato contro la Brexit», facendo riferimento alla Scozia e all’Irlanda del Nord che mal sopportando la decisione di iniziare le trattative per l’uscita ufficiale dall’Europa.
Il momento è arrivato: è ufficialmente cominciata la Brexit con la consegna della lettera con l’Articolo 50 per avviare le trattative dell’uscita dall’Europa, dall’ambasciatore britannico al Presidente della Commissione Europea Donald Tusk. Nello stesso tempo alla Camera dei Comuni la premier May ha tenuto il suo discorso di commiato alla “vecchia” Ue, affermando come «I giorni migliori sono davanti a noi, dopo la Brexit. Ho scelto di credere nella Gran Bretagna»; secondo la premier di Gran Bretagna inoltre con l’uscita «lasciamo l’Ue secondo il volere del popolo. Momento storico, non si torna indietro». Gli replica a chilometri di distanza a Bruxelles il presidente Tusk prima “scherza” con un tweet sagace che gioca con il duplice significato della parola “deliver” – “Dopo nove mesi la Gran Bretagna ha partorito la Brexit” – ma con il verbo che significa anche “consegnare”, la famosa lettera dell’articolo 50. E poi però commenta amaro quanto sta per cominciare oggi, ovvero la prima uscita ufficiale di un Paese dall’Unione Europea: «Non c’e’ ragione di pensare che oggi sia un giorno felice». Secondo Tusk è giunto il momento però di “minimizzare le incertezze provocate dalla decisione del Regno Unito per i nostri cittadini, le imprese e gli Stati membri”.
Alle ore 13.20 la lettera per la Brexit sarà inviata, alle 13.30 il discorso di Theresa May alla Camera dei Comuni: oggi si consuma il primo vero atto ufficiale dell’uscita dall’Unione Europea con gli inglesi scatenati per sapere cosa li attenderà nei prossimi due anni di lunghe trattative.
The Article 50 letter. #Brexit pic.twitter.com/SO5R5BTvhw
— Donald Tusk (@eucopresident) 29 marzo 2017
Di certo a Bruxelles, pur rimanendo in buoni rapporti, non incontreranno tappeti rossi o sconti di ogni genere: il presidente della Commissione Tusk, che riceverà personalmente la lettera per l’avvio dell’Articolo 50 portata dall’ambasciatore londinese, si è detto certo che l’Unione Europea non avrà cedimenti o problemi dopo la Brexit, anche se le incognite sul prossimo futuro non sono poche. «Per la Gran Bretagna sarà molto costoso lasciare l’Unione europea», ha detto il capogruppo del Ppe al Parlamento europeo Manfred Weber. Londra infatti è chiamata a rispettare tutti gli obblighi ancora in corso, «Uscire dall’Ue significa costruire di nuovo muri e barriere – afferma – e molti cittadini britannici avranno problemi con limitazioni della loro libertà nella vita quotidiana. Non mi piace ma è il risultato del referendum e tutti devono affrontare la realtà», attacca ancora il leader tedesco. Oggi si fa la storia, ma tra due anni si potrà dire la stessa cosa?
Alle ore 13.30 (e non più a mezzogiorno, come annunciato in un primo momento) scatta l’ora X del Brexit Day: l’ambasciatore è arrivato già questa mattina a Bruxelles (come potete vedere qui sotto nel breve video) e il famoso Articolo 50 verrà finalmente attivato. Animi tesi e in subbuglio in Europa e ovviamente nel Regno Unito con il canale Twitter di Downing Street che ha diffuso la foto del premier May che al tavolo ufficiale firma direttamente il modulo e la lettera che a breve verrà consegnata al board della Commisione Europea. I media Uk scatenati hanno già anticipato alcune parti del suo discorso che terrà alla nazione dopo l’avvio della Brexit: «rappresento tutto il popolo del Regno Unito, compresi i cittadini europei che hanno fatto di questo Paese la loro casa. Vogliamo vivere in una Gran Bretagna davvero mondiale, che esce e costruisce le relazioni con i suoi vecchi amici e i suoi nuovi alleati nel mondo». Richiama all’unità di tutti, non solo chi ha votato per l’uscita dalla Ue, «Quando mi siederò al tavolo dei negoziati nei prossimi mesi – promette la May – rappresenterò tutti i cittadini britannici: giovani, vecchi, ricchi, poveri, e sì, anche i cittadini europei che hanno fatto di questo Paese la loro casa». Una opportunità storica quella della Gran Bretagna, secondo il Premier May, anche se ora inizia il difficile con due anni almeno di lunghe trattative che porteranno ogni aspetto critico alla luce e si vedrà allora se sarà l’inizio di un vantaggio per tutti o se i problemi sono solo all’inizio e neanche tanto evidenti finora.
The PM has signed the letter which will trigger Article 50 tomorrow, starting negotiations for the UK to leave the EU. pic.twitter.com/jHerwJs4g9
— UK Prime Minister (@Number10gov) 28 marzo 2017
Con il nuovo capitolo Brexit il Regno Unito prova a guardare oltre all’attentato di Londra e si riaffaccia sulle problematiche politiche europee: oggi precisamente a mezzogiorno verrà presentato dall’ambasciatore britannico a Bruxelles, Sir Tim Barrow, la famosa e attesa lettera del premier Uk Theresa May dove viene attivato ufficialmente l’articolo 50 del Trattato di Lisbona. In pratica con la consegna di tale articolo alla Commissione Europea viene avviato per la prima volta dalla nascita dell’Europa la norma che regola la secessione di uno stato membro. In poche parole, oggi 29 marzo 2017 ha inizio a meno di un anno dal referendum storico in Gran Bretagna, la vera e propria Brexit. Nove mesi dopo, un parto in pratica, porta il Regno Unito a sfidare l’Europa e avviare i trattati di uscita così tanto discussi per mesi e ora finalmente giunti all’atto pratico. Non sarà un iter breve e non sarà semplice: con oggi si aprono probabilmente due anni di lunghe trattative per la secessione che dovrebbe portare, se non vi saranno intoppi, il 29 marzo 2019 ad essere ufficialmente Paese fuori dall’Ue. Qualcuno, come ha ricordato il collega inviato di Repubblica Franceschini in questi giorni, circa duemila anni fa usò un’espressione alquanto azzeccata per questi tempi, “il dado è tratto”. Quello stesso qualcuno fu anche il primo che tentò di includere la Britannia in Europa. Ecco, duemila anni dopo Giulio Cesare, la storia rischia di riproporsi. Ma al contrario…
Sir Tim Barrow, the UK’s ambassador to the EU, enters the Europa building in Brussels with Theresa May’s Article 50 letter#BrexitDay pic.twitter.com/4ot6CNA78P
— Press Association (@PA) 29 marzo 2017
Per un referendum che inizia oggi ad essere accolto in tutto il suo significato – la Brexit – ve n’è un altro che si ripropone in maniera veemente sulla scena internazionale – la Scoxit. Giusto ieri il parlamento della Scozia ha votato a favore della proposta lanciata dalla premier Nicola Sturgeon per un referendum bis sull’indipendenza di Edimburgo dal Regno Unito, dopo quello bocciato nel 2014. La proposta prevede voto in tutta la Scozia per uscire dalla Union Jack nella primavera 2019, in concomitanza con la fine dei trattati Brexit con Bruxelles del governo britannico: la tesi della Sturgeon è semplice, dopo il referendum in cui il Remain scozzese ha vinto contro i Leave, è avvenuta la “catastrofe” Brexit che la Scozia non voleva assolutamente (e ha infatti continuamente votato per rimanere nell’Europa). Con questi nuovi risultati gli scozzesi dunque ci riprovano: il Parlamento scottish ha approvato ma ora la palla passa a Londra che ha già fatto intuire la risposta tramite la premier May, «non apriremo i negoziati sulla proposta della Scozia. Ora non è il momento giusto», ha ribadito ieri alla vigilia dei negoziati iniziati sulla Brexit. Braccio di ferro per ora insanabile: come del resto William Wallace insegna da trecento anni, l’indipendenza da Londra è una delle ragioni di vita sociale ed economica della Scozia. Che sia rispuntata ora in questi ultimi anni è ormai più che una certezza.