“Il vero nodo delle riforme è che si è cominciato dalla coda anziché dalla testa. Approvare prima la legge elettorale e poi portare in aula il ddl costituzionale è stato un errore pazzesco”. Lo evidenzia Annamaria Poggi, docente di diritto costituzionale nell’Università di Torino. Per l’esperta, “l’elezione indiretta dei senatori risponde alla legittima esigenza di differenziare le due camere e di creare un Senato delle autonomie. Il problema è che mettendo insieme un Senato non elettivo e una legge elettorale iper-maggioritaria come l’Italicum si crea un corto circuito istituzionale”.
Renzi dice che al Senato ha i numeri per fare passare la riforma. Che senso ha allora spostare lo scontro sull’ammissibilità o meno degli emendamenti sull’articolo 2?
C’è un problema legato all’interpretazione di una norma. Il regolamento del Senato prevede che si possano discutere solo i punti non precedentemente approvati: quindi in sostanza sull’elettività non si dovrebbe più discutere. Tuttavia alcuni costituzionalisti hanno sostenuto che questa norma del regolamento sarebbe incostituzionale, perché introduce un vincolo che la Costituzione non prevede.
Lei che cosa ne pensa nel merito della questione sulla quale la sinistra Pd non intende retrocedere, cioè l’elezione dei senatori?
Mi stupisce molto. Forza Italia e Ncd sono sempre stati contrari a un Senato non elettivo, ma in prima e seconda lettura il Pd ha votato questa riforma senza particolari mal di pancia. Quindi francamente non riesco a capire questa posizione della minoranza Pd, anche perché al suo interno ci sono esponenti che conoscono bene il diritto costituzionale. Al loro interno è saltata qualsiasi dinamica di assunzione concordata delle decisioni, e quindi stanno utilizzando la riforma costituzionale per spaccare il Pd.
Lei ritiene che sia meglio un’elezione di secondo grado dei senatori?
Senza elezione indiretta la riforma del Senato non ha nessun senso. Le stesse mediazioni messe sul tavolo non mi convincono, perché poi il modello si “sporca” e si crea un ibrido senza senso. Se si vuole differenziare, occorre farlo al livello della rappresentanza degli interessi. Per ottenere una camera differente, essa deve rappresentare degli interessi diversi da quelli che sono presenti nella prima. Un’elezione diretta del Senato vi porterebbe gli stessi interessi della Camera.
Quali altri problemi porrebbe l’equiparazione di deputati e senatori?
In particolare si va a creare il problema della doppia immunità e del diritto alla stessa indennità. Se i senatori sono eletti direttamente, devono inoltre poter esprimere la fiducia al governo. A questo punto della riforma costituzionale non rimane più niente. Se si vuole superare il bicameralismo paritario, cioè l’idea che le due camere abbiano gli stessi compiti e siano rappresentanza degli stessi interessi, allora è necessaria l’elezione indiretta.
Lei che cosa ne pensa nel complesso di questa riforma costituzionale?
Risponde a una logica complessiva che condivido molto. L’idea è togliere potere legislativo alle Regioni, ma creare una seconda camera che abbia la rappresentanza delle autonomie locali e che partecipi alla legislazione nazionale sui temi d’interesse delle camere. Avere dato troppi poteri legislativi alle Regioni è stato un boomerang e ha aumentato di molto i contenziosi.
Per quale motivo?
Perché i governatori non sono in grado di regolare alcuni tipi di interessi. Sono dunque favorevole all’idea di avere una Regione che legifera di meno, ma che ha maggiori poteri amministrativi. Come pure con il fatto che ci sia una camera delle Regioni, dove governatori e sindaci delle grandi città concordino alcune leggi dello Stato su temi di loro interesse.
Chi afferma che esiste un problema di rappresentatività non ha capito i veri termini della questione?
Il punto è che sta emergendo in tutta la sua drammaticità il vero nodo: non si fa la legge elettorale prima delle riforma costituzionale. Sommando un Italicum iper-maggioritario con il fatto di avere un Senato che non ha più nessuna parvenza di elezione diretta, il risultato è un cortocircuito. I parlamentari di Ncd e FI del resto sono sempre stati contrari all’elezione indiretta del Senato, ma l’hanno votata perché rientrava in un patto tra Berlusconi e Renzi che comprendeva anche la legge elettorale e il presidente della Repubblica. Poi è saltato tutto, ma il vero nodo dal punto di vista del costituzionalista è che si è cominciato dalla coda anziché dalla testa.
Il vero problema non è la riforma del Senato ma l’Italicum?
Esattamente. L’Italicum è una legge elettorale super-maggioritaria, perché il collegio di ripartizione dei seggi è unico a livello nazionale. Il primo partito prende un premio a livello nazionale, e quindi non vince ma stravince. I capilista sono bloccati e i collegi sono molto piccoli, quindi ci saranno molti nominati nelle liste. Sono d’accordo con chi dice che c’è un problema di rappresentanza degli elettori, ma allora cambiamo la legge elettorale e non la riforma costituzionale.
(Pietro Vernizzi)