“E’ evidente che con le armi fornite dall’Occidente i due governi libici che fanno capo al generale Haftar e al premier Al-Sarraj prima o poi arriveranno a una resa dei conti definitiva. Proprio per questo gli Stati Uniti sostengono entrambi, così da salire sul carro del vincitore quando uno dei due prevarrà”. E’ quanto afferma Carlo Jean, generale e analista militare. Domenica il presidente del consiglio libico, Fayez Al-Sarraj, è intervenuto sul Daily Telegraph affermando che non vuole truppe di terra occidentali bensì chiede alla comunità internazionale di porre fine all’embargo di armi sulla Libia.
Che cosa ne pensa della dichiarazione di Al-Sarraj, che ha chiesto armi e non truppe?
E’ quanto Al-Sarraj ha sempre sostenuto, e che sostanzialmente aveva sostenuto anche l’inviato dell’Onu, Martin Kobler. Quest’ultimo è sempre stato contrario a un intervento internazionale di grandi dimensioni, limitandosi a chiedere una forza che protegga gli uffici delle Nazioni Unite.
Lei come legge questa posizione?
Le dichiarazioni di Al-Sarraj vanno lette in relazione a una situazione interna libica. I libici sono molto patriottici e orgogliosi, e un intervento esterno sarebbe visto come un’invasione motivata dalla volontà di impossessarsi delle loro ricchezze naturali. Hanno una perplessità per quanto riguarda i motivi di un eventuale intervento da parte di altri Paesi, sono sospettosi nei confronti degli stranieri e di conseguenza Al-Sarraj chiede all’Occidente l’invio di armi e non di soldati.
C’è il rischio che Al-Sarraj utilizzi le armi che gli ha fornito l’Occidente per fare la guerra a Tobruk?
Dipende da come si evolve la situazione in Libia. Sicuramente il generale Haftar e il governo di Tobruk da un lato, e dall’altra le istituzioni di Tripoli, le milizie di Misurata e il premier Al-Sarraj si guardano molto in cagnesco. Di conseguenza le armi che possono essere utilizzate contro l’Isis a un certo momento serviranno anche per decidere chi comanda in Libia.
Al vertice di Vienna si sta discutendo di un alleggerimento dell’embargo delle armi alla Libia. Quali conseguenze avrebbe?
In caso di un alleggerimento dell’embargo, ci si metterebbe d’accordo su quali armi permettere. Di certo per esempio saranno molto cauti rispetto al fatto di concedere l’utilizzo di missili contraerei. Questi ultimi possono essere utilizzati con grande facilità, e c’è il rischio che finiscano per servire contro gli aerei occidentali.
Allora quali armi saranno fornite ad Al-Serraj?
Gli saranno date mitragliatrici, cannoni e munizioni. Gheddafi era in possesso di armamenti sovietici, e oggi dopo la sua caduta l’Occidente dispone di grandi quantità di armi e munizioni fabbricate nell’ex Urss. Probabilmente queste ultime ora saranno fornite ad Al-Sarraj.
Qual è la posizione della comunità internazionale?
La comunità internazionale non esiste. Esistono gli Stati ciascuno dei quali ha degli interessi differenti.
Gli Stati Uniti quale governo sostengono in Libia?
Gli Stati Uniti tengono il piede in due staffe perché non sanno chi vincerà. Normalmente un intervento internazionale in questi conflitti è efficace quando si corre in aiuto del vincitore. In tutti gli altri casi, come nell’attuale Libia, l’esito è imprevedibile. Il governo italiano ha appunto deciso di non inviare truppe perché sarebbe un grosso rischio.
Dunque la posizione di Washington è in qualche modo ambigua?
Gli Stati Uniti stanno vedendo come evolve la situazione. Se l’Egitto aiuta in modo deciso il governo di Tobruk, mettendolo nelle condizioni di sconfiggere l’Isis, per gli Usa è un risultato che va benissimo. A Washington non importa da chi sia eliminato lo stato islamico in Libia, l’importante è che ciò avvenga. Sia che vinca Haftar sia che vinca Al-Sarraj, ciò che interessa a Washington è che si mantenga l’unità della Libia in quanto le compagnie petrolifere americane sono sia nell’Est sia nell’Ovest del Paese.
(Pietro Vernizzi)