All’interno del dibattito letteralmente infuocato sulla città di Gerusalemme e sugli intricati se non esplosivi rapporti tra Israele, Palestina, Paesi Arabi, Comunità internazionale e ovviamente gli Usa, si inserisce dall’Italia il parere e l’opinione della storica giornalista e politica ebraica, Fiamma Nirenstein. Ha scritto sul Giornale un breve commento sull’intera vicenda che coinvolge Gerusalemme capitale, dopo lo storico discorso di Trump e soprattutto sulle conseguenze che queste hanno avuto nel dialogo di pace tra Tel Aviv e Abu Mazen; ma anche, se non soprattutto, la Nirenstein ha tenuto a sottolineare un possibile rischio ed errore dell’Occidente nell’approcciare una vicenda che purtroppo va avanti da oltre sessant’anni. In particolare, l’ambiguità delle reazioni riguardo l’assunto “Gerusalemme, città sacra per tutte le tre religioni monoteiste” è quella contestata dalla giornalista di religione ebraica: «sempre si ripete che la città è sacra alle tre religioni. Ma questo non basterebbe senza una miccia politica. La ragione sta nel fatto che l’Islam, come seguita a ripetere soprattutto Tayyp Erdogan, non può accettare, sopportare, ammettere, che Gerusalemme non sia interamente sua. Lo ripetono anche i manifestanti “collo spirito, col sangue, ti difenderemo Gerusalemme”, lo slogan che la Moschea di Al Aqsa sia in pericolo è un mantra caro ai terroristi suicidi che corrono a salvarla anche se lo status quo conserva alla Spianata delle Moschee giorno dopo giorno, il governo dell’WAQF gestito da palestinesi e giordani. Ma Gerusalemme non è mai citata nel Corano, e se ha avuto un’indubbia valenza politica per l’Islam conquistatore, meno ne ha avuto per l’Islam religioso. Finché diventa politico».
ARAFAT HA RESO “SACRA” GERUSALEMME
Come argomenta la Nirenstein, la conquista araba di Gerusalemme nel 638 dopo Cristo ha dato un’impronta sicuramente importante alla capitale ebraica, ma nessuna dominazione musulmana – né giordani, né ottomani – ne hanno fatto una capitale, o meglio, la loro città sacra. «Al contrario anche sotto l’Impero ottomano che inizia nel 1517 per passare la mano agli Inglesi solo nel 1917 è stata una città povera, periferica, negletta, nonostante le bellissime moschee. La città che al tempo del Secondo Tempio aveva 200mila abitanti, quando arrivarono i turchi era arrivata a 10mila abitanti. Gli ebrei, in genere bistrattati coi cristiani se non nel primissimo periodo sotto Omar, si abbarbicarono alla loro Città santa, citata nella Bibbia più di 600 volte, nonostante le persecuzioni». Insomma, Gerusalemme è ben sotto l’occhio dell’attenzione musulmana, come invece avviene per La Mecca o Medina: addirittura, nel 1300 il filosofo Ibn Taymyya ebbe a dire che gli islamici devono liberarsi da ogni residuo deviante, «l’esaltazione di Gerusalemme era una forma di giudeizzazione da rifiutare». Una storia di secondo, se non terzo piano, spiega ancora la Nirenstein, tra l’Islam e Gerusalemme, il tutto fino al 1967 quando con la Guerra dei Sei Giorni Israele riuscì ad unificare la città vincendo l’attacco di tutti i Paesi arabi coalizzati e in difesa della Palestina.
«Da quel momento cresce di fronte alla disillusione araba la distanza del mondo arabo dalla leadership nazionalista e progressista (come Gamal Nasser, il grande sconfitto) e cresce vertiginosamente insieme al rifiuto di Israele, il ricompattamento intorno a temi religiosi. E’ da allora che si costruisce da parte della leadership palestinese che presto si definirà intorno alla figura di Arafat potenza suggestiva e religiosa di Gerusalemme, anche per chiamare l’aiuto del mondo arabo alla propria causa». Un inno al martirio, un simbolo di lotta islamica non solo a Israele ma all’intero Occidente che appoggiava in pieno lo stato ebraico (a differenza di oggi): Gerusalemme insomma è stata assunta “sacra” non dal punto di vista storico-religioso, ma per una lotta politica, addirittura molto recente. Secondo la Nirenstein è dunque Arafat ad aver invocato il martirio musulmano per Gerusalemme: «fece di questa città la bandiera islamica più condivisibile contro Israele e l’Occidente, seguito a ruota dal conformismo terzomondista e antisraeliano dei tanti che non aspettavano altro prima nel mondo comunista, poi in Europa». Per l’Islam religioso non è sacra, per l’Islam politico sì: il fatto che nella religione di Maometto le due sfere non possano essere praticamente distinte provoca quel problema e quei rischi che purtroppo si possono assistere proprio in questi giorni, a fronte delle provocazioni di Trump e dello Stato d’Israele su Gerusalemme capitale.