Lo scoppio della bomba ad Alessandria d’Egitto ha fatto salire sopra i livelli di guardia la tensione tra la maggioranza musulmana e la minoranza coopta del Paese. Nonostante le parole del presidente Mubarak, che ha invocato l’unione tra cristiani e islamici contro il terrorismo, la situazione sta prendendo una piega che ha fatto parlare alcuni quotidiani locali di «situazione da possibile guerra civile».
Alla messa domenicale celebrata nella chiesa coopta oggetto dell’attentato, sulla cui facciata sono ancora visibili tracce di sangue, le donne congiunte delle vittime hanno invocato Dio che «vendicasse» loro martiri e «bruciasse il cuore degli assassini».
Ad infuocare ulteriormente il clima, sono arrivate le parole dell’imam di Al Azhar, sceicco Ahmed Al Tayeb, una delle massime autorità riconosciute dai musulmani della regione. Al Tayeb ha attaccato duramente le parole del Papa Benedetto XVI, che ha invocato durante l’Angelus di ieri protezione per i cristiani coopti, definendole «un intervento inaccettabile negli affari interni dell’Egitto». Secondo l’imam, il pontefice avrebbe «una visione sbilanciata su musulmani e cristiani che rischiano di essere uccisi in tutto il mondo».
Le parole di Al Tayeb hanno coperto con la loro eco la distensiva visita che ha fatto presso la residenza del leader della chiesa coopta, Shenuda III. All’uscita dal colloquio, la macchina sulla quale viaggiava è stata aggredita da qualche decina di fedeli cristiani. «I nemici dell’Islam e degli egiziani vogliono precipitare il Paese in una guerra settaria» ha aggiunto l’imam, non specificando se si riferisse agli autori della strage o piuttosto alle parole del Papa.