Al Consiglio dei ministri oggi l’esame della missione umanitaria in aiuto delle decine di migliaia di profughi che dalla Libia si stanno spostando in Tunisia. Il nome è “Villaggio Italia”. In progetto anche l’invio di una nave militare diretta a Bengasi, dove mancano cibo e medicine.
Lo scopo della missione è costruire un villaggio di accoglienza per i profughi in territorio tunisino al confine con la Libia. L’intenzione è anche quella di prevenire l’arrivo in Italia di stranieri. Intanto si notano le prime discrepanze a livello internazionale. Non è piaciuta ad esempio a Cina, Turchia e altri paesi mediterranei la ventilata idea americana dell’uso della forza contro Gheddafi. I quali hanno cambiato idea sulla no fly zone, una interdizione dei voli di aerei del regime sulla Libia. «Nella Nato non c’è consenso per il ricorso alla forza», ha constatato il segretario alla Difesa Robert Gates.
«Chiamiamo le cose con il loro nome. Una no fly zone inizia con un attacco contro al Libia per distruggere le sue difese aeree. Soltanto dopo un attacco così sarebbe possibile far volare i nostri aeroplani sul Paese senza timori che i nostri uomini vengano abbattuti». L’Adnkronos ha riferito che Frattini, nel comitato parlamentare sui servizi segreti, avrebbe espresso riserve su partecipazioni italiane a interventi militari in Libia, senza escluderne di Usa e Regno Unito con collaborazioni di Francia, Canada, Svezia, Polonia. Dichiarazioni che il ministero degli esteri ha invece smentito.