Un piccolo arcipelago nel Mar Cinese meridionale, chiamato Senkaku dai giapponesi e Diaoyu dalla Cina, rischia di deteriorare ulteriormente i rapporti tra Tokyo e Pechino. Nell’arco di pochi giorni una quindicina di attivisti cinesi e circa 150 tra militanti nazionalisti e parlamentari nipponici sono sbarcati su diverse isole dell’arcipelago per rivendicarne la sovranità. Ciò che rende tanto interessante questo luogo, come spiegherà in questa intervista il direttore di Asianews Bernardo Cervellera, contattato da IlSussidiario.net, è l’abbondanza di materie prime, dal fondale estremamente pescoso fino alla possibile presenza di numerosi giacimenti di gas.
Direttore, come giudica il contenzioso tra Cina e Giappone?
In realtà l’amministrazione delle isole contese è già stata affidata al Giappone dalla Comunità Internazionale, quindi il fatto che la Cina le pretenda così insistentemente mi sembra alquanto velleitario. E’ ovvio però che tale determinazione cela obiettivi ben precisi.
L’utilizzo delle materie prime?
Esatto, l’arcipelago in questione presenta un fondale pescoso molto ricco e sembra vi siano anche giacimenti di gas dal valore molto elevato. Ecco dunque spiegato il motivo del litigio, dettato da motivi puramente economici nel tentativo di accaparrarsi le materie prime a discapito degli altri.
Crede sia l’unico motivo?
Possiamo anche dire che nello stesso tempo sia la Cina che il Giappone tentano di accrescere il loro patriottismo in un periodo in cui in entrambi i Paesi vi è un forte scollamento tra la popolazione e la leadership. Una vicenda come questa può quindi essere d’aiuto e aumentare il desiderio dei cittadini affinché i governi facciano qualcosa per riaffermare la sovranità sull’arcipelago. In Giappone c’è poi un altro motivo.
Quale?
Il primo ministro Yoshihiko Noda tenta di sfruttare la situazione per rafforzare la sua base elettorale, visto che attualmente il partito liberale vorrebbe scalzarlo e anticipare le elezioni. La diatriba con la Cina si sta dimostrando quindi una buona occasione per tentare di rafforzare la sua figura e quella del suo partito. Il ministro dell’economia giapponese ha dichiarato che gli ultimi sviluppi relativi ai contenziosi territoriali influenzeranno i legami commerciali con Cina e Corea del Sud.
Cosa ne pensa?
Giappone, Cina e Corea sono senza dubbio le maggiori forze economiche dell’Estremo Oriente e ovviamente hanno instaurato anche diversi rapporti economici tra di loro. Il litigio che sta avvenendo, quindi, potrebbe anche spingere i tre Paesi a togliere ogni investimento fatto in passato nei Paesi concorrenti e portarli dove la manodopera costa molto meno e dove c’è una maggiore facilità produttiva, come Indonesia, Vietnam o Sri Lanka. Questo anche perché il mercato, in particolare quello cinese, sta notevolmente cambiando.
In che modo?
La manodopera risulta essere sempre più costosa e il mercato sempre più protetto, quindi spesso si tenta di bloccare, frenare o tassare i prodotti provenienti da altri Paesi. E questo crea inevitabilmente numerose inimicizie.
Come guarda invece l’America a questo “litigio”?
Bisogna dire che la Cina sta conducendo, soprattutto nell’Estremo Oriente, una politica estera sempre più “agguerrita” e, essendo la seconda potenza mondiale, naturalmente può permettersi di fare il bello e il cattivo tempo. Il problema è che questo non piace né ai Paesi orientali né agli Stati Uniti, che anzi vedono in queste tensioni un’occasione per contenere o rallentare l’egemonia cinese.
Come crede si risolverà l’intera vicenda?
Non è facile prevederlo ma mi auguro che si possa presto arrivare a una possibilità di accordo per lo sfruttamento comune delle materie prime. Ogni Paese ha bisogno di quelle particolari risorse quindi non vedo perché non ci si possa venire incontro e utilizzarle in modo comune, anche se questo dipenderà unicamente dalla buona volontà di tutti.
(Claudio Perlini)