È cominciato oggi al Cairo il processo che vede imputato l’ex presidente egiziano Hosni Mubarak e altre undici persone, ed è subito stato aggiornato al 15 agosto. Insieme a Mubarak, sono coinvolti l’ex ministro dell’Interno Habib el-Adly, due figli, il politico Gamal e il manager Alaa e Hussein Salem, imprenditore imputato per contumacia. Ci sono inoltre sei ufficiali della sicurezza e collaboratori: , Osama Yusuf El-Marasy, Adly Mostafa Abdel Rahman Fayeq, Ahmed Mohamed Ramzy Abdel Rashid, Ismail El-Shaer, Hassan Abdel Rahman Yusuf e Omar Abdel Aziz Faramawy. Oggi il Cairo era una città blindata e la tensione era altissima, tanto che decine di manifestanti pro e contro Mubarak hanno scatenato dei tafferugli davanti al tribunale. Gli agenti in assetto antisommossa, fa sapere un reporter di Al Jazeera, si sono dispiegati per sedare gli scontri, arrestando due persone. Il processo è stato trasmesso in diretta dalla televisione di Stato e su alcuni maxischermi sparsi nella capitale. L’ex rais, malato da tempo, è stato operato prima negli Stati Uniti e poi in Germania e da qualche tempo si trova nell’ospedale di Sharm-el-Sheik. Proprio su quel letto, infatti, Mubarak è stato portato davanti al giudice per rispondere alle gravissime accuse di omicidio, strage e violenza. Nella gabbia, disteso sul letto, con i figli Alaa e Gamal al fianco, il rais ha parlato solo per qualche minuto, dichiarandosi completamente estraneo ai fatti. Secondo lo scrittore marocchino Tahar Ben Jelloun, questo processo è “altamente simbolico”, e ogni dittatore come Mubarak deve sapere “che non c’è impunità per lui. E’ la prima volta che nel mondo arabo un dittatore è giudicato per crimini contro l’umanità. Ma oltre l’aspetto politico, bisogna obbligare Mubarak a restituire all’Egitto il denaro che ha rubato, perché il Paese ne ha bisogno”.
Un altro dittatore che finisce quindi alla sbarra, come Nicolae Ceausescu, dittatore romeno dal 1967 al 1989 che, accusato di genocidio e distruzione dell’economia del Paese, fu sottoposto a processo sommario, condannato a morte insieme alla moglie il 25 dicembre 1989 e giustiziati appena qualche minuto dopo. Impossibile dimenticare anche il caso di Saddam Hussein, preso dai soldati americani nel 2003, trovato in un nascondiglio sotterraneo, processato e condannato a morte da una corte irachena. L’ex presidente jugoslavo Slobodan Milosevic, anche lui accusato di genocidio, crimini contro l’umanità e di guerra, morì nel 2006, prima della fine del suo processo.