Il vicepresidente americano Joe Biden ha dichiarato che la Russia deve “smettere di parlare e iniziare ad agire” per disinnescare la crisi ucraina. Lo ha fatto intervenendo nel corso di una conferenza stampa congiunta a Kiev insieme al primo ministro del governo a interim, Arseniy Yatsenyuk. Biden ha ammonito la Russia sul fatto che ulteriori “comportamenti provocatori” porteranno a “un isolamento ancora più grande” e ha invitato Mosca a rinunciare a sostenere i militanti filo-russi nell’est dell’Ucraina. Nel frattempo si sono tenuti i funerali di tre uomini uccisi domenica da colpi di arma da fuoco. I separatisti filo-russi hanno affermato che ad ucciderli sarebbero stati degli esponenti del partito ultra-nazionalista “Praviy Sector”. Ne abbiamo parlato con Konstantin Von Eggert, ex capo dell’ufficio di Mosca della Bbc.
Che cosa ne pensa dell’attuale fase che sta attraversando la crisi ucraina?
La crisi ucraina riguarda in particolar modo lo stallo tra Russia e Stati Uniti. Il governo russo guarda all’Ucraina come parte del suo campo d’influenza e come a uno Stato che deve avere una sovranità limitata, rimanendo neutrale e ponendosi completamente nell’orbita russa dal punto di vista economico e politico. Leggendo le dichiarazioni del presidente Obama e del suo vice Joe Biden, si comprende invece che gli Stati Uniti vedono nell’Ucraina uno Stato sovrano che ha il diritto di compiere scelte autonome e di giocare la sua parte nel mondo. Ciò rappresenta una contraddizione inconciliabile tra Mosca e Washington, e quanto dobbiamo comprendere è che combattere la rivoluzione ucraina per Mosca non significa soltanto opporsi all’indipendenza di Kiev, ma anche alla perdita della sfera d’influenza che era propria dell’Unione Sovietica.
Biden ha ammonito la Russia che un ulteriore “comportamento provocatorio” porterebbe a un suo “grande isolamento”. Come valuta queste dichiarazioni?
Finora non abbiamo assistito a grandi passi da parte degli Stati Uniti nei confronti della Russia, con l’eccezione del fatto di mettere Putin e molti dei suoi amici e alleati nella lista delle sanzioni. La prossima mossa del presidente Obama sarà quella di colpire delle voci molto specifiche dell’economia russa come la vendita di armi, tecnologie di ultima generazione e il settore energetico. Le imprese russe sono inoltre abituate a ottenere prestiti dalle banche occidentali, e ora si sono rese conto che è più difficile riuscirvi, specialmente per quanto riguarda i prestiti a breve termine e per il riaccredito. A parte questi effetti, finora però le misure americane contro la Russia hanno avuto un impatto limitato.
Lei si aspetta un’escalation dal punto di vista militare?
Mi aspetto che la crisi continui. Il punto però è che gli eventi all’interno dell’Ucraina stanno avendo una grande risonanza internazionale, e Putin non vuole giocarsi tutta la sua credibilità a livello internazionale con un’escalation militare. Putin non intende però accettare che l’Occidente metta in discussione l’influenza della Russia nei Paesi dell’Est. Il presidente non può quindi tollerare l’instabilità in Ucraina. Il piano di Putin è quello di cercare di influenzare l’esito delle elezioni presidenziali in Ucraina, che si terranno il 25 maggio prossimo, mantenendo nello stesso tempo un deciso controllo sulle regioni orientali del Paese. Ritengo che lo stallo tra Usa e Russia continuerà, come abbiamo visto fin dall’inizio della crisi.
L’Ucraina è solo l’ultimo caso a documentare il peggioramento delle relazioni tra Usa e Russia. Quali sono le vere ragioni di questo conflitto?
Le relazioni tra Russia e Stati Uniti sono piuttosto complicate, in quanto Mosca vede in Washington la principale potenza che minaccia i suoi interessi e la sua influenza regionale e internazionale. In tutte le crisi più recenti la Russia è ricorsa quindi al gioco duro, ispirandosi a principi opposti rispetto a quelli degli altri Paesi occidentali.
(Pietro Vernizzi)