“Sulla proposta di legge per bandire il velo dalle università francesi, i cristiani stiano attenti a non cadere nel tranello di pensare che tutto ciò che nuoce ai musulmani è di per sé un bene. La stessa norma potrebbe essere fatta valere per vietare il velo delle suore o il crocifisso al collo”. Ne è convinto il professor Massimo Introvigne, direttore del Centro Studi sulle Nuove Religioni (Cesnur), a proposito del dibattito in corso in Francia. Nel 2004 una legge transalpina ha già bandito il velo dalle scuole pubbliche, medie e licei. La norma non si applica però agli atenei, e per questo ora il Parlamento potrebbe introdurre un nuovo divieto ad hoc.
Professor Introvigne, ritiene giusto che uno Stato laico ponga un argine alla marea musulmana?
Sono sempre stato contrario a leggi come questa, di cui si è già discusso in passato non solo in Francia, ma anche in Turchia e in Tunisia. Il principio generale a cui rispondono queste norme è quello di un divieto dei simboli religiosi. Abbiamo già visto in Francia che la legge, non potendo applicarsi ai soli musulmani, finisce poi per essere utilizzata per mettere in atto un giro di vite sui simboli religiosi. Quando nel 2004 fu approvato il divieto di portare il velo, in realtà non era una legge sul velo ma sui simboli religiosi in generale.
Eppure non era stata presentata in questo modo …
Fatto sta che uno dei primi risultati della norma del 2004 fu quello di impedire la costruzione di una grande croce sul sagrato di Notre Dame. Le autorità francesi spiegarono che il sagrato era uno spazio pubblico del Comune da non confondersi con l’interno della cattedrale dove la Chiesa può fare tutto ciò che vuole. E’ ovvio quindi che la norma deve essere di carattere generale, altrimenti sarebbe una sorta di legge “ad personam” contro i musulmani, e poi nei Paesi dove ci sono queste leggi si finisce per combattere i crocifissi al collo o lo stesso velo delle suore.
Lei quindi consentirebbe qualsiasi copricapo della tradizione musulmana?
Da questo punto di vista ci vuole buonsenso, io sono a favore delle leggi che impediscono alle persone di andare con il volto “travisato”. Mi riferisco per esempio al burqa, ma anche a quegli escamotage che ai tempi del ’68 utilizzavano i contestatori durante gli scontri con la polizia. Per ragioni di ordine pubblico, il viso deve essere scoperto per evitare che dietro al burqa si celi il personaggio barbuto e magari con il fucile. Se invece l’esigenza è quella di affermare la laicità, reprimendo i simboli religiosi, allora sono contrario. La storia insegna che si incomincia con i musulmani ma poi si finisce per limitare la libertà anche delle altre religioni.
Ma non c’è il rischio che le donne musulmane siano costrette a indossare il velo contro la loro volontà?
Le universitarie sono in genere maggiorenni, e nei loro confronti non è peraltro vero neanche quell’argomento, già di per sé molto debole, secondo cui per alcune ragazzine il velo sarebbe un’imposizione dei genitori. Una donna adulta è libera di scegliere. Qualora sia vittima di pressioni perché indossi determinati vestiti o adotti determinati comportamenti, esistono già leggi che reprimono le minacce, le percosse e le violenze domestiche.
Perché allora il 78% dei francesi dice sì alla legge contro il velo nelle università?
La legge contro il velo nelle università si inserisce nel quadro di un culto bizzarro del laicismo, che la Francia non perde occasione di riaffermare. I cattolici non devono cadere nella trappola di reagire con una sorta si riflesso pavloviano, pensando che tutto ciò che disturba i musulmani sia già di per sé positivo. La legge sul velo va contro i musulmani, ma rischia di ritorcersi anche contro i cristiani. Ricordo che quando passò la prima delle leggi sui simboli religiosi, in un’intervista molto lucida l’allora cardinale Joseph Ratzinger espresse il suo parere contrario, dicendo appunto: “Attenzione che non riguarda solo i musulmani ma è una limitazione alla libertà di tutti”.
Insomma secondo lei anche nelle università francesi dovrebbe esserci più libertà?
L’università è un luogo dove, salvo le esigenze che derivano dall’ordine pubblico e dal buoncostume, ognuno si veste come vuole. Negli atenei italiani entrano tranquillamente le suore con il loro vestito e persone con abbigliamento di tipo etnico. Penso ai sikh con i loro turbanti, che sono un simbolo religioso non meno evidente del velo. In Italia, dove vigono regole di buonsenso, nessuno si scandalizza per questo.
(Pietro Vernizzi)