Paura in Galilea. La scorsa notte almeno due razzi provenienti dal Libano hanno colpito il Nord di Israele. Non ci sono state vittime, mentre alcuni edifici sono rimasti gravemente danneggiati. Nella stessa notte l’esercito israeliano ha risposto al fuoco lanciando a sua volta altri missili verso la zona da cui è partito l’attacco. Un botta e risposta durato qualche ora, senza nessuna ragione ufficiale che possa giustificare un episodio del genere. Le rispettive frontiere non hanno mai registrato – da due anni a questa parte – episodi significativi di violenza. A chi ha buona memoria verranno forse in mente le parole di Nasrallah, leader di Hezbollah, che aveva già annunciato nel febbraio scorso di voler conquistare il nord del Paese. E certo anche quelle piu’ recenti – e meno utopiche – di poche settimane fa, quando il Partito di Dio è tornato a minacciare Israele dopo le tensioni con l’Iran.
Le voci di un attacco israeliano nello stato di Ahmadinejad da attendersi prima di Natale si sono improvvisamente calmate, mentre è aumentato il clima di sospetto per via di un curioso episodio di qualche giorno fa. Sabato scorso sono morte 17 persone e 16 sono rimaste ferite in un’esplosione causata da ignoti nella caserma dei pasdarandi Shahid Modarres, nel villaggio di Bidganeh vicino a Karaj, a ovest di Teheran. L’episodio è avvenuto in circostanze sospette e molti non esitano a puntare il dito contro il Mossad. La stampa filo islamica ha gridato immediatamente al complotto, visto che quella base avrebbe dovuto essere impiegata in un attacco contro Israele ed ora risulta inutilizzabile.
Le due esplosioni, a prima vista isolate, potrebbero allora trovare una chiave di lettura abbastanza semplice, e per alcuni in Terra d’Israele la spiegazione è fin troppo palese. Sopratutto se pensiamo che un attacco come quello della notte scorsa non accadeva dal 2009, quando le rispettive frontiere tornarono a essere quasi un territorio franco. E l’unico grave precedente risale a ben cinque anni fa, quando venne combattuto un conflitto durato 34 giorni tra israeliani e Hezbollah. Quest’ultimo – ironia della sorte – sostenuto proprio dall’Iran. Ecco perché un episodio del genere non fa dormire sonni tranquilli nemmeno all’Unione europea, che ha già convocato un incontro straordinario con rappresentati di Libano e Israele per cercare un’intesa tra i due.
Oggi la situazione politica dell’intera zona è ben diversa da quella di due anni fa. Alle urne egiziane sono favoriti i Fratelli Musulmani che certo non tifano per il vicino Israele; la Siria sta affogando sotto l’onda della primavera araba e l’Iran di Ahmadinejad conserva ancora il recondito desiderio – ma neanche troppo recondito – di togliere Israele dalle cartine del Medio Oriente. E in qualche modo il Libano la scorsa notte ha bussato alle porte del comune nemico sionista, quasi a voler dire: “attento, perché ci siamo anche noi, e stiamo con gli altri”.