Lo scorso novembre il suicidio assistito è stato approvato da un referendum nello Stato di Washington, che è diventato così il secondo stato degli Usa in cui questa pratica è consentita, dieci anni dopo il vicino Oregon. Un mese dopo, per decreto di un giudice, si è aggiunto il Montana, il terzo stato (anche se continuano i ricorsi legali) ad ammettere le prescrizioni letali. Data la mancanza di una legge che specifichi condizioni e garanzie per la procedura nel Montana, che ha uno dei tassi più alti di suicidi del paese, i critici della decisione sostengono che gli “interessati” potrebbero ordinare queste prescrizioni mortali anche per posta.
Tuttavia, chi vuole ricorrere al suicidio assistito incontra difficoltà a trovare un medico che si presti alla bisogna. A una conferenza stampa di inizio aprile in Montana, il gruppo pro-eutanasia Compassion & Choices, la cui sede è in Colorado, ha denunciato la mancanza di disponibilità all’assistenza al suicidio. È stata citata una lettera di Janet Murdock, 67 anni, che scrive: «Ho l’impressione che i miei dottori non si sentano in grado di rispettare la mia decisione di chiedere aiuto a morire. La possibilità di un aiuto a morire da parte dei dottori ristabilirebbe la mia speranza di una morte pacifica e dignitosa, in accordo con i miei valori e convinzioni».
Sempre all’inizio di questo mese, nello Stato di Washington, un malato di cancro, Stephen Wallace di Benton City, è morto prima di riuscire a trovare un dottore nella sua zona che lo assistesse nel suicidio. A Washington, un malato terminale con meno di sei mesi di vita può richiedere la prescrizione letale. Anche nello stato dell’Oregon è necessario un dottore per la prescrizione, ma non vi è a disposizione una lista di medici disposti ad assistere il suicidio, per questioni di riservatezza.
In un editoriale per il New England Journal of Medicine, il dottor Robert Steinbrook ha analizzato l’esperienza dell’Oregon di dieci anni nel suicidio assistito. L’assistenza ai malati terminali è migliorata: «Efficaci cure palliative e servizi di assistenza possono rispondere a molti dei motivi cruciali che portano i pazienti a richiedere il suicidio assistito, come la perdita di autonomia, di dignità, la possibilità di ricevere cure e assistenza in ambito famigliare, e portare quindi a dei cambiamenti di opinione».
Inoltre, ha espresso preoccupazione per il fatto che, nel 2007, nessun paziente risulta essere stato sottoposto a valutazioni psichiatriche prima di essere ammesso al suicidio assistito, e solo il 12,6% nei nove anni precedenti. E ciò nonostante la legge statale proibisca la prescrizione di medicine per il suicidio a pazienti che «soffrano di problemi psichiatrici o psicologici o di depressione che possano comprometterne la capacità di giudizio». La procedura rimane impopolare presso i medici dell’Oregon e le 85 prescrizioni del 2007 sono state rilasciate da solo 45 dottori.
Benché la Medical Association del Montana non abbia preso posizione sul suicidio assistito, la associazione nazionale si è opposta al coinvolgimento dei medici nel suicidio dei pazienti. Secondo la loro rivista, «la politica della American Medical Association si oppone al suicidio assistito da medici perché tale pratica è “fondamentalmente incoerente con il ruolo del medico come guaritore”».
Anche l’associazione dei medici di Washington si è opposta al suicidio assistito e ha informato i propri iscritti che la legge non li costringe a fornire aiuto al suicidio. Dopo che è stata approvata la disposizione sul suicidio assistito, l’associazione ha dichiarato in una lettera al Dipartimento della sanità che i pazienti dovrebbero essere avvertiti della possibilità di complicazioni e che il procedimento di suicidio può richiedere fino a tre ore.