Era dal 2004 che la Russia non era bersaglio di un attentato così devastante. Quella volta ci fu una precisa rivendicazione dei separatisti ceceni; prima ancora, nel 2002 e nel 1999, i venti di separatismo armato in Ossezia, Daghestan e altre regioni caucasiche aveva prodotto altrettanti lutti.
Questa volta, in maniera quanto mai simbolica, è stata colpita la rete nevralgica dei trasporti urbani, all’ora di punta. Le prime reazioni del governi indicano quasi inequivocabilmente una responsabilità dei terroristi caucasici; non necessariamente ceceni, visto che qualche giorno fa le forze speciali russe hanno ucciso un leader della guerriglia del Daghestan. Il duplice attentato potrebbe essere una ritorsione per questo omicidio mirato.
Come nella scorsa occasione, anche questa volta c’è da scommettere che Putin raccoglierà l’onda emotiva del lutto per lanciare una nuova offensiva militare nell’area del sud, probabilmente per dare un colpo definitivo ai gruppi separatisti ed affermare un controllo militare definitivo.
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Sarà una repressione durissima, che servirà anche a distrarre l’attenzione dell’opinione pubblica e delle forze sociali, sempre più colpite dalla pesante crisi economica in atto; per domani (oggi per chi legge) era prevista una delle più vaste manifestazioni di massa degli ultimi anni contro la politica economica del governo.
Resta il fatto che la posizione russa rispetto al terrorismo integralista va completamente rivista. Ad oggi sono rari gli esempi ed i casi di una cooperazione strutturata con l’Occidente in tema di prevenzione della minaccia costituita dal radicalismo militante. Forse perché, nell’area caucasica, tale tema è strettamente legato alla identità e alle rivendicazioni territoriali, secondo uno schema che, dopo la disgregazione dell’URSS, ha condotto Mosca a militarizzare ad ogni costo il cortil di casa.
A due anni dalle elezioni presidenziali, che dovrebbero riconfermare, benché a ruoli inversi, il ticket Putin – Medvedev, l’attentato al metro di Mosca porta la Russia sulla strada di una nuova stretta in maniera di sicurezza; una politica che potrà tornare utile anche per scoraggiare qualche dissidenza interna, considerata di troppo o troppo scomoda.