L’opposizione siriana ha posto alcune precondizioni per partecipare ai colloqui patrocinati dalle Nazioni Unite previsti per venerdì. Il governo di Damasco invece ha già fatto sapere che ci sarà. Staffan de Mistura spera di riuscire a riunire gli esponenti delle varie parti a Ginevra, con l’obiettivo di mettere fine a una guerra che dura da cinque anni e che finora ha ucciso 250mila persone. Ma il consiglio dell’opposizione appoggiato dall’Arabia Saudita deve ancora decidere se ci sarà. Ne abbiamo parlato con Camille Eid, intellettuale libanese e giornalista di Avvenire.
Professore, perché l’opposizione siriana non ha ancora deciso se partecipare ai negoziati?
In Siria esistono due opposizioni. Non è stato possibile costituire un gruppo unico per i veti incrociati e alla fine avremo tre delegazioni siriane: una per il regime e due per l’opposizione. Una è quella dell’Alta Commissione per i Negoziati, sponsorizzata dall’Arabia Saudita. Questi gruppi ribelli si sono riuniti più volte a Riad. L’altra invece è quella definita filo-russa, e rappresenta l’opposizione più morbida. Ora Staffan De Mistura dovrà fare la spola tra tre stanze per superare questo ostacolo e cercare di conciliare le idee.
L’Alta Commissione per i Negoziati alla fine parteciperà?
L’Alta Commissione per i Negoziati è guidata da Riad Hijab, che all’inizio della crisi era fuggito in Giordania. In questo momento sta cercando di alzare la posta. Ha detto quindi che parteciperà soltanto se prima cesseranno i raid russi. Mosca però non cesserà certamente i suoi raid, ma l’Alta Commissione parteciperà ugualmente ai negoziati perché Riad non può boicottare i colloqui.
A che punto sono i giochi per i negoziati?
Sauditi e turchi avevano chiesto di modificare l’elenco dei partecipanti in nome della loro opposizione, e proprio per questo è stato necessario mandare un’altra delegazione che include tra gli altri Haytham Manna. Questa delegazione ha posto delle precondizioni, ma non può certo boicottare i negoziati. L’unica che avrebbe interesse a un boicottaggio è la Turchia, qualora l’Onu dovesse invitare al tavolo anche i curdi siriani. A questi ultimi però non è arrivato nessun invito.
Nel frattempo com’è la situazione sul terreno?
Nei mesi successivi ai raid russi, le cartine dettagliate dei giornali Usa mostravano fette di territorio molto limitate che erano state recuperate dall’esercito siriano grazie all’aviazione di Mosca. Piccoli corridoi erano stati ottenuti nel Nord della Siria e in provincia di Aleppo. Nell’ultima settimana però il regime di Damasco ha recuperato importanti porzioni nella provincia di Latakia, dove si concentrano i raid russi seguendo una strategia militare che è stata fatta oggetto di molte critiche.
Come si sta muovendo la Russia?
L’accusa rivolta a Mosca era che anziché bombardare Raqqa, capitale dell’Isis, si concentrasse su Idlib, colpendo l’opposizione anti-Assad anziché il califfato. Fatto sta che nell’ultima settimana l’esercito siriano ha recuperato due punti strategici nella zona di Latakia, allontanando il pericolo dalla zona alawita. E’ questo il più importante sviluppo militare, arrivato però dopo mesi e mesi di bombardamenti che non hanno sortito gli effetti più eclatanti che uno poteva aspettarsi.
Quanto sono stati intensi i raid russi?
Parliamo comunque di decine di raid ogni giorno. Le cartine dettagliate settimana per settimana mostrano con esattezza il numero degli interventi. Fatto sta che l’aviazione va a coprire l’avanzata delle truppe di terra. C’è stata però una delusione per quanto riguarda l’entità dell’avanzata dell’esercito siriano, che si spiega con la mancanza di effettivi sul terreno o con altre motivazioni. Anzi la Russia era talmente arrabbiata da avere prospettato un cambio di Assad. Ora Mosca ha optato per un intervento militare di terra, non limitandosi soltanto ai raid aerei.
(Pietro Vernizzi)