Come si diceva anni fa, mettendo le parole in bocca a qualche politico al governo ed esprimendo così tutto lo scetticismo verso la gestione della cosa pubblica , “siamo arrivati sull’orlo del baratro, ma faremo un passo avanti”. Neanche un mese dopo la riconferma elettorale, l’America di Obama 2 si trova non proprio davanti a un baratro fiscale, ma quasi. Cosa succederà il 31 dicembre, a mezzanotte? Una bella fetta delle normative fiscali vigenti si trasformerà in zucchine di cerentoliniana memoria. Se il Congresso non interverrà. La si chiama “Fiscal cliff”, “rupe fiscale”. Cos’è? Un enigma, un puzzle che sembra intrappolare il Congresso in una ragnatela fatta di numeri, linee politiche, prove di forza e – poco – buon senso.
Cosa cambierà alla fine dell’anno? Scompariranno tutta una serie di tax-breaks (riduzioni fiscali) così come l’alleggerimento della pressione sul “payroll” (libro paga, retribuzioni) di cui tutti i lavoratori dipendenti hanno beneficiato quest’anno. C’è di più: la “Alternative Minimum Tax” (una tassa aggiuntiva sui redditi di individui, imprese, patrimoni e trusts) morderà più forte e a mordere cominceranno anche quelle imposte stabilite per sostenere l’Obamacare (una delle ragioni di ostilità verso questa riforma sanitaria).
Al tempo stesso dovranno subentrare i tagli programmati indispensabili alla sopravvivenza di un sistema che fa acqua da tutte le parti. Gli “esperti” parlano della decapitazione di almeno mille programmi statali, con rilevanti colpi di scure anche a Difesa e Sanità. “Sanità” significa cura degli anziani, dei pensionati, gli unici che – semplifichiamo – beneficiano di quella che in Europa si chiama “Sanità pubblica”. E tutto questo in un quadro economico che tenta faticosamente, con tanti strappi, di rianimarsi. E un tasso di disoccupazione alto. Se le imprese (alcune) stanno tornando a far reddito, lo fanno (anche) a scapito dell’occupazione. Triste, ma vero.
Su cosa stanno litigando Democratici e Repubblicani? Su tante cose. Se confermare o meno i tagli alle tasse che vanno avanti dai tempi dell’Amministrazione Bush, se elevare l’imposizione su coloro che dichiarano dai 250mila dollari in su. Tenete conto che non stiamo parlando di tassare “l’aria che si respira”. Stiamo parlando di riportare la pressione fiscale sui “benestanti” ai livelli degli anni ’90.
Poi in Congresso si litiga anche sullo sfondamento del tetto del debito pubblico, perché c’è da approvare anche quello! Come dire… siamo qui per ridurlo questo debito pubblico, ma intanto, per sopravvivere come “Stato”, dobbiamo permetterci di spendere più di quanto originariamente previsto. Se no non si va avanti. Veramente una palude.
Che strada seguire? Sceglietevi pure la vostra teoria economica. Quando si arriva a questi livelli si sente tutto e il suo esatto contrario. Il fatto è che l’America non può permettersi di arrivare al 31 dicembre senza fare un passo. C’è solo da augurarsi che i nostri politici abbiano a cuore più il bene comune che principi teorici o – peggio – ostilità reciproche preconcette.