Una delegazione di Alternative für Deutschland, il partito della destra tedesca, si è recata nel marzo di questo anno in Siria per incontrare il Gran Muftì di Siria, Ahmad Badreddin Hassoun, a Damasco. Lo scopo della visita era quello di conoscere di persona la situazione siriana e capire “la guerra dal punto di vista tedesco”. Il deputato AfD del Land Nord Reno-Westfalia, Christian Blex, ha definito l’incontro con il gran Muftì il “punto culminante” della visita in Siria. Dichiarando che “Sua Eccellenza ha ribadito la necessità di una stretta separazione tra lo Stato e le religioni per garantire una convivenza pacifica”. Allo stesso tempo, ha sottolineato che il Gran Mufti “è convinto che il 70 per cento dei rifugiati siriani tornerà in Siria”, aggiungendo che è pronto ad andare a Berlino per rivolgere un appello ai rifugiati partiti per la Germania. “L’obiettivo del viaggio è analizzare in loco la situazione umanitaria e il lavoro di ricostruzione nelle zone liberate dei terroristi, poiché l’informazione dei media in Germania non offre la possibilità di valutare la reale situazione in Siria”, ha scritto Der Spiegel.
Il governo tedesco ha duramente condannato il viaggio dei rappresentanti della destra tedesca, che in questo modo vuol trovare un accordo per favorire il ritorno in Siria dei rifugiati che oggi vivono in Germania. Però l’indignazione di Spd e Cdu per il viaggio di AfD a Damasco non si accompagna all’indignazione per la vendita dei carri armati Leopard impiegati sul fronte di Afrin o per le armi vendute per miliardi di dollari ad Arabia Saudita ed Emirati mentre divampa la guerra nello Yemen.
La Germania ha comunque annunciato che non parteciperà a nessun intervento in Siria a fianco degli Usa e questo rivela la cautela con la quale questa grande nazione si muove quando è in gioco il suo ruolo in Africa, memore delle sconfitte che in quel continente ha subito nel corso della storia. Mentre ben diversa è, come è noto, la decisione di Francia e Uk.
Macron ha dichiarato che “Assad ha usato armi chimiche, abbiamo le prove” e gli inglesi hanno rincarato la dose, in proseguimento, del resto, della loro azione anti-russa dopo lo scandalo spionistico che ha investito per giorni e giorni tutta l’opinione pubblica mondiale, in un gioco di specchi che non ha nulla a che vedere con un gioco di spie, ma con un gioco di distrazione di massa dalla posta in gioco.
La posta in gioco, per gli Usa, la Francia e il Regno Unito, è raggiungere il riassetto dell’equilibrio del potere mondiale impedendo alla Russia di affermarsi in Medio Oriente e dunque nel punto strategico dell’heartland e del Rimland, ossia nel cuore del potere terrestre mondiale e nei mari che lo lambiscono. I laghi atlantici del Mar Nero e del Mar Caspio sono la periferia del Golfo Persico e dell’Oceano Indiano, ed è per questo che il controllo della Siria è sempre stato strategico. I francesi al tempo dell’accordo Sykes-Picot, nel 1916, ben lo sapevano, così come lo sapevano gli inglesi. Dalle colline del Golan si controllano sia il Libano che Aden.
Gli Usa, che sostituirono negli anni Cinquanta del dopoguerra questo dominio post-ottomano, pensarono di poter sostenere il loro potere regionale distruggendo il sistema politico mesopotamico, generando in tal modo quell’implosione tragicamente sistemica che giunse sino al cuore del potere mondiale e che dura ancora oggi, aprendo la via al dominio neo-ottomano e della nuova Russia erede di Primakov e personificata da Lavrov e da Putin.
La situazione è diventata drammatica per gli Usa e le potenze storiche dell’area (Francia e Uk) quando la bandiera del governo siriano è stata issata a Douma, l’ultima zona insorta vicino a Damasco, segnando per il regime di Bashar al-Assad la ripresa del controllo sull’intera Ghouta orientale. Lo ha annunciato l’esercito russo e questo annuncio ha un significato storico generale, come ho prima affermato: “Un evento importante per la storia della Repubblica araba di Siria si è verificato oggi: la bandiera del governo siriano è stata issata su un edificio nella città di Douma e segna il controllo di questo località e quindi della Ghouta orientale nella sua interezza”, ha detto il generale russo Yevgeny Yevtushenko. “I combattenti del gruppo Jaich al-Islam hanno consegnato le loro armi pesanti alla polizia militare russa a Douma”, ha fatto sapere l’Osservatorio siriano per i diritti umani. Giovedì mattina gli autobus sono stati visti passare il checkpoint Muhayam al-Wafedin, in rotta verso Douma, dove avrebbero caricato i ribelli e le loro famiglie.
Dinnanzi a tutto ciò, è accaduto quello che alcuni osservatori indipendenti si aspettavano. Il presunto attacco con armi chimiche a Douma dello scorso fine settimana non poteva mancare. Tutte le fonti internazionali serie hanno dichiarato che l’attacco, gli attacchi, non sono mai avvenuti. Si ripete la tragedia dell’Iraq del 2003, quando si distrusse un intero plesso geopolitico inventando armi di distruzioni di massa che non esistevano. Su questo fatto si sono addirittura prodotti una serie di film Usa di grande intensità. All’indomani del tweet di guerra del presidente americano Donald Trump, il Segretario di Stato Mike Pompeo ha avvertito che la politica soft verso la Russia è finita, ma ha precisato che “la guerra è sempre l’ultima risorsa”. Il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, ha affermato, dal canto suo, che “il canale di comunicazione tra Russia e Stati Uniti in vista dell’attacco americano alla Siria è attivo”. Ha aggiunto che non è comunque in programma un colloquio telefonico tra Vladimir Putin e Donald Trump.
Secondo il Daily Telegraph, la premier britannica Theresa May avrebbe ordinato di spostare i sottomarini nel raggio d’azione missilistico della Siria per un’eventuale azione contro il regime di Assad che “potrebbe iniziare già giovedì notte”. Dall’Onu, nel mentre, è giunto il monito perché si eviti una escalation. “Non ho mai detto quando un attacco alla Siria avrebbe avuto luogo. Potrebbe essere molto presto o non così presto! In ogni caso, gli Stati Uniti, sotto la mia amministrazione, hanno fatto un ottimo lavoro per liberare la regione dall’Isis. Dov’è il nostro ‘Grazie America?'”, ha scritto su Twitter Donald Trump.
È iniziato un gioco di specchi, di specchi solari che emettono segnali con linguaggi sconosciuti alla tradizione diplomatica mondiale, in un susseguirsi di colossali gaffe da parte di tutti i leader occidentali. Solo i russi mantengono una calma olimpica perché mantengono il campo e l’egemonia, compiendo la mossa del cavallo di rafforzare i legami con la Turchia in un’inedita alleanza tra la Sublime Porta e la Grande Russia. In questo inedito contesto colpisce l’attivismo guerriero dei francesi, in una sorta di nuova guerra per il Marocco.
Il presidente francese ha ribadito di essere in contatto quasi quotidiano con Donald Trump e sottolineato che vi saranno “delle decisioni da prendere nei tempi desiderati, quando questo sarà più utile e più efficace”. La Germania, lo ricordo di nuovo, non prenderà invece parte attiva ad alcun intervento militare contro il governo siriano e questo mi riporta alla mente l’esito finale della seconda crisi marocchina dell’inizio del Novecento. Già la cosiddetta prima crisi marocchina, detta anche Crisi di Tangeri, fu fatale per la Germania. Fu provocata da una visita del Kaiser Guglielmo II a Tangeri, al Sultanato del Marocco, il 31 marzo 1905, in cui la Germania prendeva posizione a favore dell’indipendenza del Marocco minacciata dalla Francia. Ma la Germania fu isolata e la Francia migliorò la propria posizione aumentando la sua influenza sul Marocco con l’accordo di Algesiras del 1906.
Nel 1911 la Germania, nel pieno della crescente potenza della sua flotta che tanto impensieriva il Regno Unito, inviò la propria cannoniera Panther davanti al porto marocchino di Agadir, provocando la seconda crisi marocchina. Ma questa mossa, che mirava a far pressioni sulla Francia per ottenere maggiori compensazioni in cambio della rinuncia alle pretese tedesche sul Marocco, venne interpretata dalla Gran Bretagna come un tentativo di prendere il controllo del porto di Agadir a opera della marina del Reich, facendone una piazzaforte in grado di contrastare le rotte dell’Atlantico centrale. Il Mediterraneo ancora una volta si rivelò un lago atlantico… La Germania fu così battuta anche quella volta e dovette riconoscere definitivamente la supremazia francese in Marocco.
Queste crisi in territorio africano ebbero una notevole importanza sulla storia dell’Europa, perché da una parte contribuirono a rafforzare i legami tra Inghilterra e Francia, e dall’altra invece approfondirono il solco tra questi due paesi e la Germania, prefigurando quelli che sarebbero stati poi gli schieramenti della Prima guerra mondiale. In questo contesto ecco la dichiarazione neo-ottomana di poche ore or sono: “Stati Uniti e Russia smettano di fare i bulli di strada” sulla questione siriana. È il secco ammonimento del governo turco, altro attore chiave del conflitto: dopo l’escalation di tensione per il presunto attacco chimico a Douma, Ankara è preoccupata. Teme che l’instabilità determinata dagli attacchi aerei franco-inglesi-nordamericani sconvolgano l’instabile rapporto di forza ai suoi confini, dando nuova voce alle milizie curde di ogni fazione, sconvolgendo il suo disegno di espansione territoriale in Siria e in Iraq.
Il rapporto di forza tra Russia e Usa sarà dunque decisivo non solo per ridisegnare i confini della nuova Mesopotamia, ma anche per ristabilire un rapporto di forza in Europa tra Francia e Germania e tra queste due potenze e il Regno Unito, che agisce con intelligenza strategica per mantenere un ruolo mondiale nonostante la Brexit, che per alcuni segna, invece, il tramonto inglese su scala globale. L’azione di Theresa May è esattamente tutta rivolta a sostenere il contrario e a rilanciare il corno occidentale della nuova “anglosfera”: l’accordo globale con gli Usa, mentre si mette a tacere il corno orientale, ossia la relazione con la Cina che non trova gli Usa sulla stessa linea di potenza.
Come sempre, dove l’heartland s’immerge nel lago Atlantico del Mediterraneo, la terra e i mari tremano e sconvolgono le faglie dei domini statuali della vecchia Europa e dell’intero mondo.