“Il terrorismo islamico è una piovra senza testa, tagliato un tentacolo ne rispunta subito un altro. E’ questo a rendere così difficile la lotta della comunità internazionale contro Al Qaeda”. Lo afferma il generale Carlo Jean, esperto di strategia militare, a proposito della cattura di Abu Anas al-Liby, super-ricercato di al Qaeda. Grazie agli sforzi congiunti di Fbi, Cia e corpi speciali dell’Esercito Usa, il terrorista è stato identificato e arrestato mentre si trovava nel centro di Tripoli.
Generale Jean, quanto conta la cattura di Abu Anas al-Liby nella lotta al terrorismo internazionale?
La cattura di Abu Anas al-Liby è sicuramente un successo, ma non determinante. Certo si tratta di una figura importante nel terrorismo internazionale, ma come l’eliminazione di Osama Bin Laden non ha portato alla fine di Al Qaeda, allo stesso modo la cattura di al-Liby non significa la conclusione della jihad. Resta il fatto che l’attività anti-terroristica degli Stati Uniti non conosce soste. Ciò obbliga i jihadisti a restare sulla difensiva per sopravvivere, e in questo modo non rimane loro tempo per preparare attentati.
Lei che cosa ne pensa del fatto che questo pericoloso super-ricercato camminasse tranquillo per il centro di Tripoli?
In Libia ci sono diversi sostenitori di Al Qaeda, e dopo l’Arabia Saudita si tratta del Paese che ha fornito i maggiori terroristi nella lotta anti-americana in Iraq. I gruppi jihadisti libici hanno sempre avuto una notevole importanza nell’islamismo radicale. Nel frattempo gli Stati Uniti sono intervenuti anche in Somalia. Washington sta intensificando la lotta al terrorismo? I raid in Libia e in Somalia non erano stati sincronizzati e non sono collegati tra di loro. La pressione statunitense sia sullo Shabaab somalo sia su quanto rimane del terrorismo nell’Africa Settentrionale e in Mali, continua in maniera notevole.
Per Edward Luttwak, Al Qaeda in quanto tale non esiste più. E’ d’accordo con lui?
In quanto vertice di un’organizzazione con un capacità addestrative, logistiche e soprattutto operative, Al Qaeda non esiste anche perché in Afghanistan e Pakistan i suoi militanti hanno subito delle perdite enormi. Al Qaeda continua comunque ad agire in quanto il terrorismo di matrice islamica si concentra in determinate zone nelle quali trova ampia possibilità di sviluppo. Di recente ciò sta avvenendo soprattutto in Siria e nell’Iraq occidentale.
Dopo la tragedia al largo di Lampedusa, il premier Letta ha affermato che l’Italia deve avere un rapporto diverso con la Libia. Condivide le sue affermazioni?
Un rapporto diverso con la Libia è possibile se c’è un governo libico con il quale trattare e prendere degli accordi. Se invece la situazione in Libia rimane caotica com’è attualmente, è ben difficile che gli accordi possano essere presi o comunque rispettati.
Come è cambiata la situazione dopo la caduta di Gheddafi?
Oggi il governo di Tripoli non è nelle condizioni di controllare le milizie a Zintan, Misurata e Bengasi. Nel Sud del Paese in particolare questi gruppi armati fanno il buono e il cattivo tempo, e il governo libico non riesce a esercitare un controllo sui loro guerriglieri che sicuramente sono coinvolti nel traffico di esseri umani legato all’immigrazione clandestina.
Che cosa può fare la comunità internazionale per aiutare la Libia nell’attuale fase di ricostruzione democratica?
L’Italia sta cercando di addestrare le forze di polizia libiche, di erogare aiuti per la ricostruzione di un sistema giuridico e delle altre istituzioni. Il futuro del Paese è però soprattutto nelle mani degli stessi libici, e l’Europa e gli Stati Uniti possono influenzarlo solo fino a un certo punto.
(Pietro Vernizzi)