Dietro le proteste e gli scontri in Iran c’è la mano dei servizi segreti stranieri e dei gruppi dissidenti? Il sospetto è del vicegovernatore della provincia Habibollah Khojastepour, il quale ha ribadito che «l’esercito e le forze di sicurezza non hanno sparato sui manifestanti». Secondo i dati ufficiali sono due i morti, sei invece i feriti. Intanto sono stati bloccati i social network: ad esempio, risultano inaccessibili Instagram e Telegram. Sono stati oscurati «mantenere la pace». Lo ha annunciato la tv di Stato iraniana dopo la denuncia dell’amministratore delegato di Telegram, Pavel Durov, via Twitter. Le autorità iraniane hanno limitato l’accesso ai social sui telefoni cellulari dopo tre giorni di proteste contro il carovita e la disoccupazione. Secondo le autorità i gruppi contro-rivoluzionari, con sede all’estero, usano i social, e in particolare Telegram, per spingere la popolazione a manifestare usando bombe molotov e armi da fuoco. «Quando ci sono disordini è naturale limitare l’uso dei social media», il commento del vice ministro degli Interni Esmail Jabbarazadeh, precisando che le limitazioni sono temporanee. (agg. di Silvana Palazzo)
IRAN, PROTESTE E SCONTRI IN PIAZZA
Dilaga in Iran la protesta antigovernativa: la protesta, nata a causa della crisi economica in molte zone del Paese, si è trasformata in una contestazione contro gli ayatollah. La reazione del regime è stata durissima e ha fatto le prime vittime: alle decine di arresti degli ultimi giorni si sono aggiunte le morti di alcuni dimostranti. Gli agenti della Guardia Rivoluzionaria hanno infatti aperto il fuoco sulla folla nella città di Doraud. Il bilancio degli incidenti è di sei feriti, mentre il numero delle vittime è incerto, si parla di otto morti. Le autorità stanno provando in ogni modo a impedire che la protesta dilaghi, anche bloccando l’accesso a Internet almeno a Teheran. Nella notte è stata pubblicata una nota ufficiale per annunciare che «il governo agirà contro chi utilizza la violenza e crea disordine». Sono diverse le versioni sugli scontri: secondo i Guardiani della Rivoluzione, nella manifestazione pacifica si sarebbero introdotti uomini con armi militari e da caccia, esplodendo colpi sulla folla e contro gli edifici governativi. La tv di Stato ha ribadito questa versione, affermando che i due manifestanti rimasti uccisi a Doraud sarebbero state vittime di «agenti stranieri», quindi «non della polizia».
TRUMP REAGISCE: “IL MONDO VI GUARDA”
La durezza della risposta del regime non è passata inosservata a Washington, visto che nei mesi scorsi il presidente americano Donald Trump ha messo in discussione l’accordo sul nucleare firmato da Barack Obama e ha siglato un piano con Israele per contrastare l’attività dell’Iran in Medio Oriente. Trump ha quindi ammonito il governo di Teheran con un tweet: «Il mondo vi sta guardando». Il presidente Usa ha citato le ultime notizie e invitato il governo iraniano a «rispettare i diritti degli iraniani, incluso il diritto di esprimersi». Il capo della Casa Bianca ha riproposto poi alcuni spezzoni del suo discorso all’Assemblea Generale dell’Onu nel quale puntava il dito contro il regime degli ayatollah. Hossein Heidari, capo della corte rivoluzionaria di Mashad, ha replicato alle accuse sostenendo che in molte città ci sono stati degli arresti che hanno coinvolto persone che avevano intonato «slogan duri». Più pungente è stata la risposta del portavoce del ministro degli Esteri, Bahram Gashemi, il quale ha parlato «dichiarazioni ingannevoli, ipocrite e opportunistiche». E quindi ha invitato il popolo iraniano «a non dare credito alle critiche espresse dal signor Trump o dai suoi funzionari». Nessun riferimento invece alla crisi economica.