“La dinamica con cui l’aereo russo è precipitato nel Sinai è compatibile con una bomba fatta esplodere da un kamikaze, dopo averla nascosta secondo le tecniche ben note al maestro degli artificieri di Al Qaeda, Ibrahim Al-Asiri”. Lo afferma Gian Micalessin, inviato di guerra de Il Giornale, a proposito del disastro che ha colpito l’Airbus 321 con a bordo 224 persone. In queste ore gli investigatori stanno esaminando la scatola nera, con gli esperti dell’Egitto che collaborano con quelli di Russia e Irlanda dove l’aereo era stato registrato. Il presidente egiziano Al-Sisi ha liquidato come “propaganda” la rivendicazione dei miliziani del Sinai legati all’Isis. Anche se, come spiega Micalessin, “i jihadisti non hanno mai detto di avere utilizzato un missile, lasciando intendere che possa anche essersi trattato di un kamikaze”.
Micalessin, vediamo uno a uno gli elementi emersi finora. Che cosa ci dicono?
Sicuramente la vampa di calore esclude un missile, perché avremmo visto la scia e probabilmente anche la vampata del lancio. L’ipotesi della bomba a bordo chiaramente assume invece più consistenza. Un’eventuale bomba avrebbe provocato il cedimento e il distacco della coda. In questo caso dovremmo pensare a un ordigno introdotto a bordo da un kamikaze, oppure nascosto tra i bagagli da un terrorista infiltrato all’interno dell’aeroporto di Sharm El-Sheikh. Ma non è da escludere neanche un sabotaggio dell’aereo, sempre per mano di un terrorista infiltrato nel settore manutenzione.
Una bomba può superare i controlli della sicurezza all’aeroporto?
Possiamo ipotizzare che si sia trattato di una bomba difficilmente individuabile dai controlli. Un’operazione più volte riuscita a Ibrahim Al-Asiri, il maestro degli artificieri di Al-Qaeda nella penisola arabica. Nel 2009 i terroristi avevano cercato di fare saltare un aereo che stava atterrando a Detroit con una bomba alla pentrite piazzata nelle mutande di un nigeriano. Lo stesso Al-Asiri mandò suo fratello come kamikaze con una bomba inserita nel retto per tentare di uccidere il ministro saudita Mohammed bin Nayef.
Quali altre spiegazioni ci sono per il disastro dell’Airbus?
Tra le ipotesi c’è anche un’esplosione a bordo provocata da un’anomalia tecnica ai serbatoi. Oppure il cedimento strutturale della coda, un evento che in passato aveva fatto precipitare altri due aerei: nel maggio 2002 un Boeing della China Airlines e nel 1995 un Boeing 747 della Japan Airlines. Entrambi i velivoli avevano subito un incidente simile a quello dell’aereo russo, che nel 2001 aveva riportato un danneggiamento alla coda.
E’ possibile che la compagnia russa abbia parlato di “fattori esterni” solo per scaricare eventuali responsabilità?
Questo non lo sappiamo. L’analisi delle scatole nere sarà l’unico modo per arrivare più vicini alla verità, per il momento siamo nel campo delle ipotesi.
I jihadisti del Sinai hanno rivendicato l’attentato. Sono credibili?
Ansar Bait al-Maqdis è una formazione presente già da tre anni nel Sinai. L’anno scorso ha dichiarato la sua adesione all’Isis. Il 26 gennaio 2014 aveva messo a segno un attentato con un missile Strela-2 contro un elicottero egiziano, abbattendolo. In questo caso però va escluso.
Per quali motivi?
Un missile Strela colpisce solo fino a 4mila metri di gittata: in questo caso i terroristi avrebbero dovuto avvicinarsi ad almeno un chilometro dall’aeroporto per colpire l’aereo in fase di decollo. Dal momento che l’aereo è precipitato 23 minuti dopo il decollo, è un’ipotesi che va esclusa. Non va però dimenticata la presenza seria e importante di questi terroristi, che nel Sinai sono molto numerosi, e che potrebbero avere studiato un’operazione come l’inserimento di un kamikaze a bordo.
E’ possibile che l’aereo russo sia stato colpito come vendetta per l’intervento di Putin in Siria?
I gruppi jihadisti del Caucaso avevano annunciato che avrebbero fatto colare il sangue russo per vendicare i loro compagni che operano in Siria. Rientrerebbe quindi pienamente nella logica di una rappresaglia nei confronti della Russia, già considerata un nemico acerrimo da parte dei gruppi jihadisti.
(Pietro Vernizzi)