Il missile intercontinentale Agni-V fa salire la tensione al confine tra India e Cina. Nuova Delhi, potenza atomica dal 1974, ha lanciato con successo le testate balistiche in grado di trasportare ogive nucleari fino a 5mila chilometri di distanza, seminando la morte e il terrore su capitali come Mosca e Pechino. Una mossa in grado di destabilizzare ulteriormente lo scacchiere centro-asiatico, già messo a rischio dall’inedito asse tra Cina, Pakistan e talebani afghani che ha radicalmente trasformato l’assetto delle alleanze regionali. Portando l’India, ex Paese non allineato distante anni luce dall’Occidente, ad avvicinarsi sempre più agli Stati Uniti cui è legata dall’interesse reciproco a strappare l’Afghanistan ai talebani e quindi all’abbraccio mortale con il Pakistan. A spiegarlo, nel corso di un’intervista a Ilsussidiario.net, è Francesca Marino, esperta di India per la rivista Limes.
Qual è il valore politico e militare del lancio di Agni-V da parte dell’India, che è già una potenza nucleare dal 1974?
Il primo obiettivo dell’India è mostrare i muscoli. La Cina ha reagito al lancio in modo abbastanza contraddittorio, in quanto le dichiarazioni ufficiali sono state tranquillizzanti e hanno ribadito l’amicizia, la cooperazione e i patti commerciali tra le due potenzi. I giornali cinesi però sono ricorsi a toni polemici, mostrando addirittura mappe che evidenziano quali città potrebbero essere colpite da Agni-V, e parlando del rischio di destabilizzazione dell’intera area. Secondo i cinesi i missili potrebbero arrivare addirittura a Mosca.
L’obiettivo dell’India è realmente sfidare la Cina o il suo scopo è un altro?
Assolutamente non è questo il suo obiettivo. Né India né Cina avrebbero da guadagnare da una guerra reciproca. Lo scopo di Nuova Delhi è soltanto quello di entrare nel club ristretto delle potenze nucleari e portare avanti la strategia che persegue da qualche anno, dimostrando al mondo di essere una potenza di primo piano dal punto di vista economico, politico e militare. Anche se poi, mentre sperimenta missili nucleari, l’Esercito indiano indossi delle giacchette antiproiettile in bambù.
Che cosa cambia con questo test balistico nei rapporti di forza tra Cina e Stati Uniti nell’Asia centrale?
I media cinesi hanno avvertito gli indiani di non contare troppo sugli Stati Uniti, i quali appoggerebbero l’India soltanto per contrastare Pechino. In realtà, non basta certo un missile per cambiare i rapporti di forza.
Da che parte sta l’India nello scacchiere dell’Asia centrale?
Storicamente l’India non ha mai avuto rapporti particolarmente buoni con gli Stati Uniti, perché durante la guerra fredda Nuova Delhi stava con le nazioni non allineate. Washington quindi in passato ha preferito sostenere il Pakistan. Di recente però Islamabad è sempre più appoggiato dalla Cina, che ha compiuto dei grandi investimenti nel Paese a maggioranza musulmana. Anche Usa e India di conseguenza hanno modificato le loro relazioni reciproche, soprattutto per lo scenario che si è creato in seguito alla guerra in Afghanistan.
In che senso?
L’India ha scelto di partecipare all’operazione della Nato in Afghanistan, con l’obiettivo di combattere per interposta persona contro il Pakistan che appoggia i talebani. Se gli statunitensi dovessero ritirarsi lasciando i talebani in Afghanistan, il Pakistan riguadagnerà il controllo del Paese, e l’India avrebbe tutto da perderci. Nuova Delhi auspica quindi che gli Usa restino in Afghanistan e riescano a supportare il presidente Karzai. L’Occidente si è mostrato molto preoccupato per la corsa nucleare dell’Iran.
Per quale motivo non è ugualmente in apprensione per i test balistici dell’India?
Perché l’India non è mai stata vista come una nazione aggressiva nei confronti dell’Occidente. A destare motivi di preoccupazione molto più fondati è il Pakistan, che a sua volta ha la bomba atomica, e al momento è il Paese più instabile al mondo. Tutto il contrario dell’India, che ha un governo stabile, una democrazia consolidata e un sistema politico che funziona. Gli armamenti indiani per l’Europa non rappresentano quindi un pericolo, né più né meno di quelli statunitensi.
Ritiene che in futuro il riavvicinamento tra Usa e India possa diventare un’alleanza strategica?
La politica estera dell’India non è mai stata aggressiva, piuttosto ha avuto tendenze a un certo isolazionismo e si è contraddistinta per essere molto pragmatica. In genere si è mossa molto sui fatti contingenti ed è stata ispirata a criteri di realpolitik. In questo momento le relazioni commerciali hanno fatto da collante tra Usa e India, soprattutto in seguito all’accordo per il nucleare civile siglato da George W. Bush e il primo ministro Manmohan Singh.
(Pietro Vernizzi)